Sinonimi, ripetizioni e onestà intellettuale

masera-lancioAnna Masera, public editor (cioè garante dei lettori) alla «Stampa» dal 2016 (dopo aver coordinato la redazione web dello stesso giornale dal 1999), ha pubblicato oggi un articolo intitolato Il vaccino non è un siero, e nemmeno un antidoto. Non è un articolo di divulgazione scientifica, ma una riflessione sul linguaggio giornalistico.

L’articolo parla delle critiche ricevute perché, in alcuni articoli che parlano dei vaccini, per non ripetere la parola vaccino si sono alternate parole dello stesso campo semantico, come siero o come antidoto, che però hanno un altro significato.

Ma perché nei giornali si attuano sostituzioni come questa? Anna Masera spiega che questo nasce da una convenzione consolidata (e rispettata ossessivamente, aggiungo io) nelle redazioni dei giornali: quella di evitare a tutti i costi le ripetizioni, che renderebbero il testo poco gradevole. Un principio seguito anche  a costo di essere semanticamente, il che significa informativamente, imprecisi.

guardianIl nucleo del ragionamento è questo: «a maggior ragione in un contesto divulgativo come quello giornalistico, linguisti e scienziati ci esortano a essere più elastici rispetto al timore delle ripetizioni in favore dell’accuratezza, e di spostare l’attenzione dedicata a evitare le ripetizioni su problematiche giornalistiche più meritevoli. Nel giornalismo di lingua inglese le ripetizioni non sono mai state un problema: e basta leggere qualsiasi articolo sui vaccini (per esempio questo recente del Guardian) per trovare in media almeno 30 occorrenze di “vaccine(s)”».

A questa impostazione, che condivido in pieno, c’è da aggiungere un’altra prospettiva. La ripetizione è uno strumento fondamentale per garantire l’uniformità di un testo e per assicurarsi che il lettore capisca se l’autore sta parlando sempre della stessa cosa o se si sta occupando di cose diverse. Nelle Trenta regole per scrivere testi amministrativi chiari che, quasi vent’anni fa ho pubblicato con Federica Pellegrino, la regola n. 4 (Tenete unito il testo), ricorda che la ripetizione delle parole che designano i concetti-chiave è uno strumento di coesione del testo altrettanto importante dell’esplicitazione dei nessi logici attraverso i connettivi:  «è bene essere il più chiari possibile quando in un testo si fa più volte riferimento a uno stesso oggetto: per esempio, nel sollecito di pagamento di un affitto, ci sarà bisogno di nominare più volte il pagamento e l’affitto. La scuola ci ha insegnato che non si dovrebbe ripetere troppe volte la stessa parola. Da un certo punto di vista questo è un buon consiglio, perché troppe ripetizioni finiscono per annoiare il lettore. Però non bisogna fare troppo sfoggio di fantasia lessicale; se il richiamo è chiaro, si può utilizzare un pronome (ad esempio: “L’affitto va pagato ogni mese. Si può versarlo nel conto corrente…”); altrimenti è bene evitare sostituzioni poco chiare al lettore (per esempio, è meglio non alternare affitto con locazione)».

Torniamo ad Anna Masera. In un primo momento, di fronte alle critiche per l’imprecisione (anzi, il vero e proprio errore) di alternare vaccino, siero, antidoto, si era arroccata nella difesa delle consuetudini giornalistiche:

masera-ripetizioni-inaccettabiliMa poi ha approfondito e ha corretto il tiro, riconoscimento che l’obiettivo di evitare le ripetizioni si ferma di fronte al rischio di creare imprecisioni. Non è da tutti ritornare sui propri passi: Anna Masera ha dato una bellissima lezione che in molti dovremmo imparare.

Sinonimi, ripetizioni e onestà intellettualeultima modifica: 2021-02-09T13:28:44+01:00da cortmic
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