Valerio Staffelli (che, mi pare di capire, è giornalista) è stato sgamato in quella che forse non è un’irregolarità formale, ma lo è sul piano morale, soprattutto se fatta da chi vive di moralismo.
Secondo un articolo del «Fatto quotidiano», Staffelli «assume giornalisti professionisti come ghostwriter con contratti di stage pagati 400 euro al mese».
Non mi pare che le cose stiano proprio come titola il giornale, ma non è che Staffelli ne esca proprio bene. Sarà compito della Guardia di Finanza e dell’Ispettorato del lavoro verificare se si tratta davvero di stage, o di rapporti di lavoro camuffati.
Staffelli ha sentito il bisogno di precisare, in un comunicato pubblicato nel sito di «Striscia la notizia», il suo punto di vista. Ma è caduto, a mio parere, in un errore imperdonabile per un giornalista, o in un terribile lapsus che potrebbe essere usato contro di lui.
Cosa ha scritto Staffelli? Questo: «Non capiamo come mai una ragazza di 28 anni giornalista professionista si sia “infilata” nei nostri casting, ma andiamo oltre». Casting? O provini come è nel titolo del comunicato? Non avevo mai sentito, prima d’ora, usare questa parola a proposito di uno stage, in particolare a proposito di uno stage giornalistico. Ho sempre sentito parlare di selezione, come uno Staffelli più avveduto fa subito dopo il brano che ho citato: «Le selezioni vengono fatte attraverso annunci presso le università e siti collegate ad esse, a volte giungono addirittura, giovani che non hanno ancora presentato la tesi, ma sono interessati a partecipare vista l’occasione, ai nostri stage». Casting e provini li ho sentiti applicati, sempre e solo, ad attività creative legate allo spettacolo.