nonché
le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso.
E inoltre, e anche: l’alluvione ha interrotto strade e ferrovie, n. danneggiato il raccolto; spec. nel l. burocr., si usa a conclusione di un elenco (al posto di una semplice e) con lo scopo di differenziare un dato rispetto ai precedenti: il candidato dovrà sostenere una prova scritta e una orale di matematica, n. un colloquio in lingua straniera.
L’uso di nonché nel decreto entra dunque in conflitto con il significato più proprio della parola, che marca, in un elenco, un elemento che per qualche ragione si differenzia rispetto agli altri di una serie, collegati tra di loro da una virgola o dalla congiunzione e. Acerboni osserva giustamente, che l’uso ripetuto di nonché, oltre a confliggere con il significato prevalente della congiunzione, ne fa affievolire la forza espressiva, che gli proviene dall’essere il sinonimo meno prevedibile, perché decisamente più raro, della congiunzione più diffusa, e. Il paradosso del legislatore e del burocrate che usa e abusa di nonché è dunque questo: preferisce nonché perché è più raro di è; ma a forza di usarlo, fa perdere a nonché la forza che gli proviene dall’essere raro.
ricomprendere
Nello stesso comma si trova un’occorrenza di ricomprendere nel senso di ‘racchiudere’: «Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari». Ma basta il semplice comprendere. Nel caso specifico, poi, c’era già un anche a sgombrare ogni dubbio.
previo
Per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse, è ammessa la richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico.
Per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse, è ammessa la richiesta di costruire in deroga alle destinazioni d’uso. Il Consiglio comunale verifica ed attesta l’interesse pubblico dell’intervento.
Oppure:
È possibile richiedere il permesso di eseguire interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica in deroga alle destinazioni d’uso. Il Consiglio comunale ne verifica ed attesta l’interesse pubblico.
Infine, Acerboni cita l’art. 15 “Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire”, comma 2-bis:
La proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate.
Qui, commenta Acerboni, di linguistico non c’è nulla di nuovo: i soliti passivi con il solito corredo di complementi indiretti (7). C’è però un inquietante «rivelatesi poi infondate”. ‘Poi’? Perché, le iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziara si possono rivelare ufficialmente infondate fin dall’inizio?».
Faccio sempre fatica a capire perché Governo e Parlamento continuino a scrivere le leggi in questo modo. E mi viene sempre in mente quello che il sen. Pietro Ichino, parlamentare da più di una legislatura e professore di diritto, ha dichiarato pubblicamente in Senato il 2 ottobre 2013, a proposito della legge che si stava discutendo quel giorno: «è un testo letteralmente illeggibile. Non è solo incomprensibile per i milioni e milioni di cittadini chiamati ad applicarlo, ma è illeggibile anche per gli addetti ai lavori, per gli esperti di diritto del lavoro e di diritto amministrativo. È illeggibile per noi stessi legislatori che lo stiamo discutendo».
E vengono in mente anche le più recenti dichiarazioni di Carlo Cottarelli, commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, a proposito delle resistenze che si sono frapposte alla sua attività: «il sistema dei capi di gabinetto, ecco. Si conoscono tutti tra loro, parlano tutti lo stesso linguaggio. E i capi degli uffici legislativi: hanno in mano tutto e scrivono leggi lunghissime (ride), difficilmente leggibili».
Carlo Cottarelli quando ha visto di prima persona il sistema burocratico italiano e’ scappato in America.
Secondo me l’uso di un linguaggio normativo “corretto’ e’ soggettivo e anche di secondaria importanza. E’ importante invece che le leggi vengano scritte in maniera molto semplice ed in “assoluto”, che no siano di carattere generale e quindi oggetto di diverse interpretazioni, in molti casi vengono scritte con l’intento di affossare lo spirito delle nuove leggi per salvaguardare uno stauts quo che fa comodeo ai burocrati che effettivamente controllano il nostro paese. I nostri governanti sono di passaggio, i burocrati sono a vita e sono quelli che fanno muovere la macchina statale a loro uso e consumo. Questa e’ l’Italia che grazie a Carlo Cottarelli abbiamo riscoperto. Per rinnovare e rendere l’ Italia piu’ moderna e competitiva, e’ necessario taglaire i rami secchi, c’e’ bisogno di un licenziamneto di massa della burocrazia romana e regionale e sostituirla con sangue giovane incontaminato.