Medici, imparate a spiegarvi

Sono appena tornato da un convegno, a Rimini, sulla “Professione di avvocato al tempo della crisi. Punti di vista ed esperienze a confronto”. Vi hanno partecipato, oltre ad avvocati e giuristi, un sociologo, uno psicologo, un economista e un linguista. L’economista, Paolo Polidori, ha fatto un’osservazione che mi ha dato da pensare. L’osservazione, che medici-e-avvocatiripropongo aggiungendovi qualcosa di mio. è questa: perché quando un cittadino va dal magistrato, deve andarci con un mediatore, che fa i suoi interessi, l’avvocato, e quando invece va dal medico va da solo? Possiamo tentare varie risposte alla domanda, ovviamente retorica, dell’economista. La risposta fondamentale è questa: perché il giudice è super partes, mentre il medico sta (o almeno dovrebbe stare) dalla sua parte. Se sul piano delle relazioni tra uomo “normale” (cittadino, paziente) e specialista le cose stanno effettivamente su un piano diverso, sul piano della comunicazione la situazione del giudice e quella del medico sono molto più simili. Il giudice (l’uomo di legge in generale) è portatore di un linguaggio specialistico, poco dominato dal parlante generico, fatto di tecnicismi necessari e di abitudini che segnano l’appartenenza a una casta, così come lo è il medico. Ma nel primo caso l’avvocato, se è bravo, può fare da mediatore tra la tecnicità del diritto e la quotidianità dell’uomo comune; nel secondo caso è il medico stesso che ha il compito di eseguire questa mediazione. Se è bravo, ce la fa. Ma non sempre il medico, anche se ha occhio clinico, conoscenze approfondite, esperienza diagnostica, ha capacità comunicativa.

Questa piccola, e se volete banale, riflessione, corona una settimana nella quale mi sono confrontato più volte con il linguaggio dei medici, del quale non abbiamo mai parlato in questo blog (tranne che per i problemi metodologici relativi alla medicina teatro_anatomianarrativa). Eppure, dell’argomento mi sono occupato già molto tempo fa e da sei anni, ormai, tengo un corso di “Linguaggio medico” alle matricole del percorso umanistico del corso di laurea in Medicina e chirurgia dell’Università di Padova.

Quest’anno il corso è iniziato il 4 novembre. E, per un gioco del caso, in quello stesso giorno su «Italia oggi» è uscito un servizio da Berlino dal titolo «Cari medici, imparate a spiegarvi» (con il sottotitolo «Il problema è aggravato dai numerosi dottori stranieri»), mentre le pagine sulla salute del sito della BBC, healthaggiornando un precedente articolo, si sono occupate, sempre quel giorno, della necessità che gli operatori sanitari che lavorano nel Regno Unito e provengono da altri paesi, siano chiamati a comprovare le loro conoscenze dell’inglese.

Certo, la mobilità internazionale dei medici pone nuovi e gravi problemi linguistici, che si aggiungono alla sempre più diversificata provenienza dei pazienti. Ma i problemi linguistici non mancano neppure quando a entrare in contatto sono medici e pazienti che parlano la stessa lingua.

Riordinando l’articolo di «Italia oggi» (il cui autore è Roberto Giardina), con qualche  integrazione, possiamo fare un quadro riassuntivo di quel che fanno, o non fanno, i medici (tedeschi) quando comunicano con i pazienti e di quali azioni sono state intraprese in Germania per affrontare il problema.

Per iniziare: qual è il grado di comprensione da parte dei pazienti dei discorsi dei medici? Secondo un’indagine condotta a Berlino, il 20% dei pazienti non comprende quel che dice il medico o l’infermiera. Soprattutto nelle campagne, poi, molti pazienti, specie i più anziani, sono dialettofoni. Ma non sempre i medici (ancor di più se sono stranieri) sanno il dialetto.

sala_attesaLa maggior parte dei pazienti non chiede delucidazioni, perché ha paura di far perdere tempo al medico, e agli altri pazienti che sono in attesa, o perché si vergogna di ammettere la propria ignoranza. Eppure, sono in molti a ritenere che la comprensione sia fondamentale per la guarigione.

Effettivamente, spesso i medici parlano in maniera incomprensibile: potrebbero parlare cinese, e il livello di comprensione sarebbe uguale. Invece di parlare come tutti, si rifugiano nel loro gergo. Per chi ha una formazione classica, può essere anche possibile ricostruire il significato dei termini scientifici che vengono dal latino e dal greco. Ma si tratta di una minoranza. Quanti sono i pazienti che riescono a collegare la rinite con il raffreddore?

Ma non è solo una questione di lessico. Il problema maggiore è l’asimmetria di conoscenze tra medico e paziente: spesso i medici non si rendono conto che quel che loro danno per scontato per il paziente non lo è affatto. È la “maledizione della conoscenza” di cui ha trattato proprio oggi Licia Corbolante nel suo blog Terminologia etc.

Capita, poi, che il medico non spieghi affatto al paziente che cosa abbia, quale cura gli viene consigliata e perché. Con effetti spesso gravi. Per legge, anche in Germania, il medico dovrebbe spiegare il perché di un’operazione e i rischi connessi, ma il paziente finisce per firmare l’autorizzazione (il nostro «consenso informato») al buio, fidandosi ciecamente del medico.

washabichSi sono mosse università e centri autonomi, come la onlus Was hab’ ich? (cioè: «Che cos’ho?»). A Dresda è stato organizzato un corso di tedesco per futuri dottori tedeschi. A Colonia, invece, si è aperto un corso di tedesco medico per i dottori stranieri. Ma a seguirlo dovrebbero essere anche i tedeschi di madrelingua, sostengono gli stessi professori. In questi corsi gli studenti imparano a «tradurre» i termini scientifici in tedesco corrente e a capire quali conoscenze possono dare per scontate nel paziente e quali noWas hab’ ich?, da parte sua, traduce gratuitamente, «dal tedesco al tedesco», i referti medici inviati da pazienti che, di fronte alle difficoltà di comprensione dei testi medici che li rigurdavano, avevano alzato bandiera bianca.

E in Italia?

Medici, imparate a spiegarviultima modifica: 2014-11-07T21:00:27+01:00da cortmic
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