Il degrado linguistico del Comune di Padova

vietatoLunedì prossimo il Consiglio comunale di Padova sarà chiamato ad approvare un nuovo Regolamento di polizia urbana, più ricco di divieti di quello attualmente in vigore. È pressoché certo che il regolamento verrà approvato, dal momento che il sindaco, come prevede l’attuale sistema elettorale, ha un’ampia maggioranza. Tutto questo è democraticamente normale, come sono democraticamente normali le proteste che da diverse parti si sono levate, anche con raccolte di firme, contro alcune delle innovazioni (per es. contro il divieto di legare le biciclette a supporti diversi dalle rastrelliere).
Mi unisco alla protesta, però da una prospettiva particolare. La maggioranza che attualmente governa il Comune di Padova ha il pieno diritto di proporre le norme regolamentari che ritiene più coerenti con il proprio programma elettorale e con le aspettative dei suoi elettori. Ma non può mancare di rispetto alla lingua italiana e alle sue regole. Faccio qualche esempio.

Innanzi tutto, ad essere degradata è la grammatica dell’italiano. Si può anche stendere un velo sulla formulazione «è vietata la richiesta di elemosina sulle aree pubbliche» (art. 10), perché nella normativa esiste, anche se è infelicissima, l’espressione «commercio sulle aree pubbliche». Ma cosa dire, sempre a proposito di reggenze e preposizioni, del comma 6 dell’art. 2: «Il Sindaco, secondo modalità stabilite con propria ordinanza, può attribuire a dipendenti comunali diversi dagli appartenenti al Corpo di Polizia Locale o a dipendenti di società o aziende partecipate dal Comune le funzioni di controllo del rispetto del presente regolamento e all’accertamento delle relative violazioni»? All’accertamento??? Da cosa è retto? Si tratta di un anacoluto, o, per non usare vocaboli difficili, di parole sintatticamente in piena libertà.

Passiamo al lessico: art. 1 comma 5: «Quando, nel testo degli articoli, ricorre il termine “regolamento”, senza alcuna specifica, con esso deve intendersi il presente Regolamento di Polizia Urbana». Specifica? Forse l’estensore voleva dire specificazione. Sono costretto a ricordare che specifica significa «Nel l. commerciale e burocratico, nota dettagliata o distinta: fare la s. dei prodotti di magazzino» (traggo la definizione dal Sabatini-Coletti, che si può consultare anche dal sito del «Corriere della Sera»); ma qui si voleva dire «indicazione, descrizione particolareggiata», che è, per l’appunto, il significato di specificazione.

E ora la sintassi. Art. 9, comma 2, lettera a):

In particolare è vietato:
a) sedersi o sdraiarsi per terra, sdraiarsi sulle panchine o utilizzandole anche in modo improprio o impedendone l’uso ad altre persone occupandole con oggetti o indumenti personali, o rendere inaccessibili i luoghi destinati al pubblico passaggio o ostruire le soglie degli ingressi agli edifici pubblici o privati;

È un tripudio scomposto di gerundi legati tra di loro in un modo indecifrabile. Sfido i vincitori delle Olimpiadi dell’italiano a fare l’analisi del periodo di questo comma. Io mi sono trovato davvero in difficoltà a cercare di raddrizzare il testo, come avrei voluto fare. Forse una soluzione potrebbe essere:

In particolare è vietato:
a) sedersi o sdraiarsi per terra;
b) sdraiarsi sulle panchine, utilizzarle anche in modo improprio, impedirne l’uso ad altre persone occupandole con oggetti o indumenti personali;
c) rendere inaccessibili i luoghi destinati al pubblico passaggio o ostruire le soglie degli ingressi agli edifici pubblici o privati;

Chissà se era proprio questo quello che l’estensore voleva dire. Certamente la formulazione proposta è un garbuglio inaccettabile. Come ha scritto un commentatore su Facebook: «in questa frase il soggetto è andato in vacca nel giro di quattro parole».

vacca[Per leggere meglio il testo, cliccate qui, e anche più avanti, sull’immagine]

È la volta dello stile, che si avvale degli stereotipi del peggior italianuccio contemporaneo. Art. 8:

È vietato dare alloggio nei locali ad uso abitazione ad un numero di persone superiore rispetto a quelli che sono i parametri indicati dalla Delibera di Giunta Comunale n. 439 del 25.5.1998 e dal Regolamento Edilizio.

Ma perché, «quelli che sono i parametri»? Perché un giro di parole così ozioso? Qui la riscrittura è facile nella parte iniziale, poi diventa un po’ più incerta:

Nei locali ad uso abitazione è vietato dare alloggio a un numero di persone superiore a quello stabilito dai parametri della Delibera di Giunta Comunale n. 439 del 25.5.1998 e dal Regolamento Edilizio.

Più semplicemente si potrebbe anche dire «un numero di persone superiore a quello stabilito dalla Delibera ecc.», ma siccome non conosco la delibera in questione non sono certo che si tratterebbe di una riformulazione corretta.

Infine, la logica.

ART. 10 Accattonaggio
1. È vietata la richiesta di elemosina sulle aree pubbliche od aperte al pubblico.
2. In tutto il territorio comunale è vietato chiedere l’elemosina con petulanza o molestia o esponendo cartelli od ostentando menomazioni fisiche o con l’impiego di minori e/o di animali.

Mi si dovrebbe spiegare: se il comma 1 vieta l’elemosina chiesta in qualunque modo, con grazia e gentilezza, con indifferenza, con cattiveria, a cosa serve rivietare l’elemosina richiesta in modo petulante e molesto? E in ogni caso, anche se ci fosse un’arcana e illogica ragione giuridica che giustificasse, contro il senso comune, la reiterazione del divieto, perché iniziare con la precisazione «In tutto il territorio comunale», quando il comma 3 dell’art. 1 specifica (qui voce del verbo specificare) «Il presente Regolamento si applica su tutto il territorio comunale»? Forse, chi ha scritto il comma 2 dell’art. 10 non aveva letto il comma 3 dell’art. 1, ma neppure il comma 1 di quello stesso art. 10.

bitonciMa si possono scrivere testi normativi in questo modo? La domanda è ovviamente retorica: no, non si possono scrivere testi normativi in questo modo. Ma soprattutto non dovrebbe permettersi di scriverli in questo modo una giunta alla cui testa c’è un sindaco che fino alla sua elezione era senatore, anzi capo del suo gruppo parlamentare e di cui fa parte, come assessore alla sicurezza (quindi principale responsabile del regolamento che stiamo analizzando) un altro ex senatore, Maurizio Saia. Costoro, nel loro lavoro parlamentare, avrebbero dovuto sentire almeno parlare di Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi. Possono rinfrescarsi la memoria consultando la pagina specifica (qui come aggettivo) del sito web del Senato. Ma evidentemente chi ha redatto il Regolamento di polizia urbana è ben più indietro delle regole di redazione dei testi normativi: non domina neppure le regole della grammatica di base della lingua italiana.

saiaMi stupisce, poi, che non si sia opposto al vilipendio della lingua italiana perpetrato in questo testo l’assessore alla sicurezza, la cui storia politica si è sviluppata, fin dalla giovane età, in movimenti politici che avevano, e hanno, tra i loro punti di forza la difesa dell’italianità. Si può difendere l’italianità senza difendere, nei fatti, la lingua italiana? E si può essere paladini delle regole quando non si rispettano le regole della grammatica?

Due postille, per concludere. Quando su Facebook ho iniziato a commentare, stupefatto, la cattiva lingua di questo Regolamento, alcuni sostenitori del sindaco Bitonci, ma anche alcuni suoi detrattori, mi hanno obiettato che è poco importante come parla o scrive un uomo politico, è importante, in positivo o in negativo, quello che fa.

fare sostanza

Mi pare una falsa contrapposizione. E non solo perché, in questo campo, effettivamente la forma è sostanza. C’è una ragione più importante: tra i compiti di chi è eletto in organi comunali c’è proprio quello di scrivere norme. Questo è un fare, non un chiacchierare, per il quale sindaci, assessori e consiglieri sono pagati con i soldi dei cittadini. Se lo fanno male, rubano i nostri soldi. Poi, per scrivere bene un testo, bisogna avere le idee chiare su quello che si scrive. Non è sempre vero il contrario, e quindi non è detto che chi scrive in modo confuso, con errori, senza coerenza abbia necessariamente le idee poco chiare. Ma spesso è così. Insomma, valutare, ed eventualmente criticare, come è scritto un testo normativo, specie se è un testo fondamentale per la politica di una coalizione, non è andare in cerca del pelo nell’uovo, o soffermarsi su questioni secondarie; è sottoporre a critica un aspetto importante della capacità di amministrare una comunità.

Altri mi hanno suggerito, con spirito benevolo o come provocazione, di essere costruttivo e di donare al sindaco le correzioni redazionali da apportare al testo.

correggere

Pensando al buon nome della città in cui sono nato e in cui abito da sempre, avevo cominciato a farlo. Però, data la bassa qualità della lingua del testo, il lavoro si è rivelato subito gravoso. Non ce l’ho fatta: per scrivere bene ci vuole tempo. Per correggere ancora di più. In questi giorni non ho avuto il tempo necessario. Ma la maggioranza che regge il comune di Padova qualche erroretto può correggerlo grazie a questo post. E comunque, resto a disposizione della mia città.

Il degrado linguistico del Comune di Padovaultima modifica: 2014-09-27T01:51:21+02:00da cortmic
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