Tullio De Mauro e i libri di base

la-Repubblica-11-luglioQualche giorno fa, dopo cena, mi sono addormentato e sono stato rapito da strane fantasie. Ho immaginato di essere stato chiamato a collaborare a «Repubblica». Sono certo che a più di un mio collega potrebbe capitare un sogno del genere. A molti piacerebbe, come a me, di poter scrivere in un giornale autorevole come quello, letto da moltissime persone (sì, meno di una volta, ma questo è il destino odierno dei giornali), che dispone di un sito molto frequentato. Sarebbe una tribuna fenomenale per far conoscere le proprie idee. Ma c’è di più. Mi sono sognato che potrei anche fare asserzioni basate su falsi presupposti, prendermela con qualche grande studioso dopo che è morto, evitare perfino di nominarlo, incolparlo di conseguenze gravissime delle sue idee, senza argomentare più di tanto, e mi pubblicherebbero lo stesso. E poi, il giornale mi coprirebbe graniticamente, rifiutandosi di pubblicare le confutazioni delle mie asserzioni. Ipse dixit. E l’ipse sarei io.

Ma, non fraintendetemi, è solo una visione, del tutto lontana dalla realtà. Probabilmente, quella sera avevo mangiato troppo, e mi sono venuti dei pensieri assurdi. Non potrebbe certo succedere questo. Sarebbe come inventarsi che uno stimato filologo, o una stimata filologa, avesse scritto un articolo di commento ad alcuni dati sulla scarsa capacità degli studenti italiani di comprendere testi di media complessità. Aggiungiamoci, con uno sforzo titanico di fantasia, che tra le cause che, nel corso dell’ultimo cinquantennio, avrebbero portato a questo risultato, l’autore avesse inserito fenomeni che definire bizzarri sarebbe poco. Così, tanto per fantasticare, si potrebbe immaginare la pubblicazione, da parte di una casa editrice di partito, di una collana ideata e curata da un grande accademico nel nome di una educazione linguistica democratica, che proponesse libri di divulgazione scientifica in cui fosse usato solo un numero limitato di vocaboli. Pura immaginazione, la mia, è ovvio: un grande accademico così cretino non può essere esistito; e infatti non è esistito.

tullio_de_mauroÈ quello che ho facilmente stabilito quando sono tornato in me. Ripensando alla mia confusa e assurda visione, mi sono accorto che stavo rivisitando liberamente e con grande e assurda inventiva la storia dei «Libri di base», una delle iniziative più intelligenti di quel grande studioso, ricco di idee innovative, che risponde al nome di Tullio De Mauro. L’editore era proprio un editore di partito, gli Editori Riuniti, che erano di proprietà del Partito comunista. Ma certamente stavo travisando il senso dell’iniziativa dei «Libri di base» in un modo che nessuno stimato filologo potrebbe mai fare. Così, una volta destatomi dal torpore allucinatorio, ho fatto la cosa che qualunque studioso, in particolare un filologo, dovrebbe fare: sono andato in cerca di fonti o testimonianze autorevoli. Così, senza grandi difficoltà, nel sito della casa editrice Laterza ho trovato la ricostruzione di Stefano Gensini dell’esperienza dei «Libri di base».

ImmagineLeggendo Gensini, tutto mi è ridiventato chiaro. Solo una persona in stato confusionale, come ero io prima di riprendermi, poteva anche solo ipotizzare che Tullio De Mauro, il quale conosceva e praticava la complessità del linguaggio verbale, avesse immaginato anche solo per amore di paradosso una collana di divulgazione scientifica che utilizzasse soltanto le parole del vocabolario di base. Lui che, nelle «Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica» aveva scritto a chiare lettere che «la nuova educazione linguistica non è davvero facilona o pigra. Essa, assai più della vecchia, richiede attenzioni e conoscenze sia negli alunni sia negli insegnanti».

Ricapitoliamo la storia della collana. I «libri di base» sono 139 volumi di divulgazione scientifica, pubblicati tra il 1979 e il 1989 dagli Editori Riuniti, con un notevole successo editoriale (quantificabile in una media di circa diecimila copie vendute, ma con punte di molte decine di migliaia, come nel caso, ricorda Gensini – che mi perdonerà se lo copio brutalmente –  della Guida all’alimentazione di Emanuele Djalma Vitali, dell’Infinito di Lucio Lombardo Radice o della Guida all’uso delle parole di Tullio De Mauro).

T.De-Mauro-Guida-alluso-delle-paroleL’idea di De Mauro era questa: impegnare i migliori studiosi italiani di diverse materie a sintetizzare il frutto delle proprie conoscenze specialistiche in agili volumetti, redatti secondo criteri di alta leggibilità. La leggibilità si realizzava su due piani: quello della scrittura e quello dell’apparato iconografico (illustrazioni, tabelle e grafici). Per entrambi dovevano valere rigorosi criteri di chiarezza e funzionalità. In particolare, sul piano della scrittura, i libri dovevano essere redatti a partire dal vocabolario di base, che lo stesso De Mauro aveva illustrato e definito proprio in un «Libro di base», Guida all’uso delle parole (Roma, Editori Riuniti, 1981) e avrebbe poi aggiornato, proprio pochi giorni prima della sua morte, nel sito dell’«Internazionale».

Bisogna fare attenzione alle parole: i libri dovevano essere redatti a partire dal vocabolario di base, non dovevano essere composti solo da parole appartenenti al vocabolario di base. Non è differenza da poco. Un conto è impedire che in un testo di divulgazione scientifica siano presenti termini tecnici, o anche solo parole adeguate al livello e al contenuto del testo, se non sono incluse nelle circa settemila parole italiane più frequenti e disponibili alla coscienza dei parlanti; un conto è richiedere che le parole non appartenenti al vocabolario di base fossero utilizzate solo dopo essere state spiegate con parole appartenenti al vocabolario di base o con parole già conosciute dal lettore, perché precedentemente introdotte e spiegate nel libro. Certo, non è facile scrivere così, ma è l’unico modo per non aggiungere alla barriera costituita dalla complessità delle nozioni da trasmettere la barriera costituita dalla complessità della lingua.

Se vogliamo allargare le conoscenze culturali e scientifiche di una popolazione di medio-bassa scolarizzazione, non possiamo dare per acquisita la conoscenza del lessico più elaborato o più tecnico, ma dobbiamo portarla ad appropriarsi di tale lessico. Così, accresciamo la cultura, ma contemporaneamente ampliamo la lingua. L’opzione di De Mauro è quella che ho appena indicato. Chi non è d’accordo (e le critiche ci sono state in passato – Ceserani, Arbasino – come ce ne sono oggi) dovrebbe superare il piagnisteo o la manipolazione polemica della proposta di De Mauro. Dovrebbe proporre una soluzione alternativa.

Stefano Gensini ricorda, rifacendosi alla testimonianza dello stesso De Mauro, che il rapporto con gli autori non era sempre tranquillo, proprio per le scelte linguistiche e stilistiche che la collana imponeva. A sua volta, «Repubblica» (questa volta in un articolo del 14 maggio 1997, dal titolo Quando Occhetto  silurò i ‘libri di base’) ricorda quanto disse una volta proprio De Mauro: «Chi ha posto la questione del parlar chiaro è finito sul rogo o con la testa mozzata». Su De Mauro questa sorte si sta abbattendo post mortem.

Forse è vero che la rete è tutta un fiorire narcisistico di pseudoscrittori e di pseudosapienti e un serbatoio di testi in realtà costituiti da frasi altrui malamente comprese e peggio assemblate. Ma la rete è anche un formidabile serbatoio di informazioni, che possono soccorrere la nostra memoria, spesso carente (soprattutto in chi, come me, ha superato i sessant’anni), corroborando i ricordi, sempre selettivi e deformanti, con la forza della documentazione. A me è bastato così poco per far ritornare al loro posto i frammenti della mia irrazionale allucinazione: concretamente è bastato un click al sito giusto, quello di Laterza. Quindi, grazie, Stefano Gensini, per il tuo contributo nel sito Laterza. E grazie a Tullio De Mauro per questa splendida idea dei «Libri di base», che molti dovrebbero provare a leggere, prima di parlarne combinando malamente idee preconcette e vaghe, prive di fondamento, magari nella probabilmente sincera ancorché infondata convinzione di fornire un contributo proprio.

RoncheyUn’ultima annotazione. Mi accorgo ora di un fatto bizzarro: la visione, un po’ confusa, che vi ho raccontato in questo post tratta di cose molti simili a quelle affrontate da Silvia Ronchey nell’articolo Perché siamo tornati analfabeti, apparso su «Repubblica» dell’11 luglio 2019. Mi chiedo se sia una riprova che il caso è davvero il re della storia, o se, più prosaicamente, sia la conseguenza del fatto che la mia esperienza visionaria altro non è stata che la rielaborazione pasticciata di una lettura traumatizzante. Chiedo comunque scusa all’autrice se in qualche punto la mia memoria ha involontariamente riecheggiato alcune formulazioni del suo articolo.

errata corrigeP.S. L’articolo di Silvia Ronchey ha provocato, oltre a un imbarazzante errata corrige della stessa «Repubblica», reazioni più ortodosse, ma anche più veementi, della mia. Soprattutto hanno reagito gli allievi di Tullio De Mauro, in molti post su Facebook: Stefano Gensini, Franco Lo Piparo, Raffaella Petrilli, Emanuela Piemontese e Raffaele Simone.

Sono apparsi altri commenti (imperniati, in genere, più sulla valutazione dei risultati delle indagini Invalsi, che sui «Libri di base»): quelli di Alberto Sobrero, nel sito del Giscel, di Nicola Grandi, sul BoLive, cioè il magazine on line dell’Università di Padova, di Mario Ambel, nella rivista del CIDI. Sono voci sostanzialmente simili, ma con interessanti differenziazioni. Interessanti anche le dettagliate e puntuali glosse di Massimiliano Manganelli. La lettura di questi articoli può permettere a chi è interessato alla stato della nostra lingua e al diffuso analfabetismo funzionale di farsi una propria idea, dopo aver letto il parere dei competenti.

VerdelliDedico questi link a Carlo Verdelli, direttore di «Repubblica», il giornale che non ha ritenuto opportuno dar voce a nessuno dei tanti che volevano esprimere un giudizio critico sull’articolo di Silvia Ronchey, come ci testimoniano Raffaele Simone e Nicola Grandi.

Tullio De Mauro e i libri di baseultima modifica: 2019-07-22T01:19:37+02:00da cortmic
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Un pensiero su “Tullio De Mauro e i libri di base

  1. Bravo! Finalmente un po’ di verità e degli ottimi suggerimenti bibliografici e di siti utili per capire l’importanza storica e di divulgazione democratica del sapere dei “Libri di base”

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