Come parlano i presidenti di Confindustria?

parole-economia-storia.jpgAngelo Costa, Alighiero De Micheli, Furio Cicogna, Renato Lombardi, Giovanni Agnelli, Guido Carli, Vittorio Merloni, Luigi Lucchini, Sergio Pininfarina, Luigi Abete, Giorgio Fossa, Antonio D’Amato, Luca Cordero di Montezemolo: i 13 Presidenti di Confidustria che, nel periodo repubblicano, hanno preceduto l’attuale, Giorgio Squinzi, hanno pronunciato 76 discorsi nelle Assemblee annuali dell’organizzazione.

Scelte stilistiche e ricorrenze lessicali di questi discorsi sono alla base del volume che ho curato assieme a Francesca Gambarotto: Parole, economia, storia. I discorsi dei presidenti di Confindustria dal 1945 al 2011 (Venezia, Marsilio).

I discorsi sono stati elaborati da una prospettiva quantitativa con metodi semiautomatici di analisi dei testi, basati sui principi della statistica lessicale; poi sono stati commentati qualitativamente sul piano dell’evoluzione comunicativa complessiva e da specifiche prospettive semantiche, che corrispondono a temi cruciali dell’evoluzione economica del periodo esaminato (ad es. lavoro e relazioni industriali, innovazione, tipologia delle imprese, intervento dello Stato, istituzioni).

Il primo sguardo complessivo sull’intera serie storica dei discorsi dei presidenti di Confindustriaa ci dice che i testi si evolvono con linearità nel corso degli anni, sicché si può dire che i discorsi annuali di Confindustria sono «figli del loro tempo». Ciò potrebbe apparire ovvio. In realtà si tratta di un dato molto significativo, soprattutto se si inseriscono i discorsi dei Presidenti di Confindustria nell’insieme più messaggidalcolle.jpgampio dei discorsi istituzionali, in qualche misura rituali, dell’Italia del dopoguerra. Studi precedenti su altri tipi di discorsi istituzionali hanno mostrato, infatti, l’esistenza di almeno due configurazioni diverse, costituite in base alle somiglianze lessicali. Da una parte, i messaggi di fine anno dei Presidenti della Repubblica (oggetto della ricerca edita nel volume Messaggi dal Colle. I discorsi di fine anno dei presidenti della Repubblica, Marsilio, Venezia, 2007) mostrano un andamento imperniato sulla personalità degli oratori, con affinità tra i Presidenti che non seguono le contiguità cronologiche o le vicinanze ideologiche. Dall’altra parte, i discorsi programmatici dei Presidenti del Consiglio seguono una linea cronologica che avvicina Presidenti del Consiglio di diverso colore politico ma temporalmente vicini e allontana Presidenti del Consiglio politicamente affini, ma lontani nel tempo (al punto da distanziare notevolmente discorsi programmatici tenuti dalla stesso Presidente che abbia occupato la carica in fasi diverse della storia della Repubblica). I discorsi dei presidenti di Confindustria, insomma, assomigliano più ai discorsi dei Presidenti del consiglio che ai discorsi dei presidenti della Repubblica.

confi.jpgLa storia degli stili discorsivi dei Presidenti di Confindustria nel dopoguerra può essere suddivisa in tre grandi periodi: il primo, che ho chiamato dei paleodiscorsi, va dalll’immediato dopoguerra fino agli anni Settanta (con la parentesi di Agnelli, più vicino agli esiti del periodo successivo). Si tratta di discorsi debolmente toccati dalle modalità comunicative dei mezzi di comunicazione di massa, ma che presentano gli stessi atteggiamenti che, in quegli anni, mostravano radio e televisione: tendono a porsi come maestri di lingua formale, quando non aulica, come persone, cioè, che, a causa e in virtù del loro ruolo, si pongono come modelli di prestigio linguistico, in una cura formale dei propri discorsi che trova le punte di più piena realizzazione in Lombardi e Carli, proprio alla fine del periodo, e proprio mentre in altri ambiti si stanno realizzando cospicue modifiche delle modalità della comunicazione pubblica e istituzionale. È, insomma, il periodo dei Presidenti in bianco e nero.

Segue il periodo dei neodiscorsi dei presidenti degli anni Ottanta e Novanta,  nel quale il Presidente di Confindustria alleggerisce il proprio ruolo di modello linguistico di prestigio, e tende ad avvicinarsi alle modalità linguistiche del suo pubblico (o almeno della parte migliore del suo pubblico). È lo stesso processo di rispecchiamento che vivono, negli stessi anni, radio e televisione. Possiamo etichettare i Presidenti di questo periodo come i Presidenti a colori.

E si giunge alla terza fase dell’ultimo quindicennio (e, più marcatamente, dell’ultimo decennio), nella quale vengono raffinate le strategie di interazione con un pubblico che, anche in seguito alla sempre più estesa esposizione a forme di comunicazione multimediale (breve, frammentata, fruita con disattenzione), si è allontanato dalle tradizionali modalità comunicative di un oratore che parla dalla tribuna: ne consegue la necessità di una serie di sussidi discorsivi che accompagnino il pubblico nell’ascolto di un discorso pubblico. I Presidenti di questo periodo sono i Presidenti Power point.

È indubbio che in quest’ultimo periodo svolgono un ruolo fondamentale gli esperti di comunicazioneghost_writer.jpg. Questo fatto, fondamentale dal punto di vista della ricostruzione delle modalità di organizzazione della comunicazione, è però poco significativo dal punto di vista della ricostruzione dell’atteggiamento discorsivo degli oratori e del possibile effetto del discorso sul pubblico. Allo stesso modo, non è una questione fondamentale sapere fino a che punto, nel passato, i discorsi erano preparati, almeno parzialmente, dall’apparato della Confindustria o da uno o più ghost writer. Qualunque sia la genesi dei discorsi, è comunque il Presidente che ne commissiona la stesura, è il Presidente che approva il discorso, è il Presidente che, come si dice, ci mette la faccia, nel momento in cui lo pronuncia. È il Presidente, insomma, che si assume la paternità del discorso. È al Presidente, quindi, che possono, e devono, essere ascritte le caratteristiche linguistiche e comunicative del discorso che pronuncia.

Come parlano i presidenti di Confindustria?ultima modifica: 2013-10-13T11:17:00+02:00da cortmic
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