Petaloso

È il momento dei neologismi. Si stava ancora discutendo di configlio, quando è scoppiato il tornado petaloso. È bene ricostruire la storia, perché in migliaia ne parlano, ma quasi tutti per sentito dire, diffondendo valanghe di stupidaggini da far paura.

quadernoDunque,  Matteo, un bambino di terza elementare di Copparo, nel Ferrarese, deve fare un esercizio abbastanza facile: scrivere delle frasi con due aggettivi. Inizia con frasi semplici, quasi banali, come «gatto leggero piccolo», «casa grande bella», «biro blu grossa», ma poi, con un guizzo di inventività, azzarda un «fiore profumato petaloso». Petaloso, cioè pieno di petali? No, pensa la maestra, petaloso in italiano non esiste (in realtà non è proprio così, ma su questo torneremo), però è bello. A dire il vero, la bellezza, nel campo dei neologismi, non è una categoria pertinente, anche se viene spesso tirata in ballo. E in questo caso, quando si tratta di dare un giudizio a un bambino, ci può anche stare.

Più correttamente possiamo dire che petaloso è una parola possibile in italiano, perché rispetta pienamente le regole derivazionali della nostra lingua. Come ci sono orgoglioso, formoso, spinoso, peloso, muscoloso, ci potrebbe essere petaloso. Il bambino che ha scritto petaloso ha una conoscenza del lessico adeguata alla sua età, e quindi non sa che il vocabolario italiano non comprende petaloso, ma sa che ci potrebbe essere. Mostra, insomma, di essere un bambino intelligente, che ha ben interiorizzato le regole di formazione delle parole in italiano. Su questi processi ha scritto, più di vent’anni fa, un importante studio Maria G. Lo Duca (Creatività e regole. Studio sull’acquisizione della morfologia derivativa dell’italiano, Bologna, Il Mulino, 1990).

torchiaAlla maestra viene qualche dubbio in merito e chiede un parere all’Accademia della Crusca. La Crusca, per mano di Maria Cristina Torchia, risponde con una lettera meravigliosa, per precisione e delicatezza. Spiega che petaloso è una parola possibile in italiano, ben costruita, ma aggiunge che non basta questo perché una parola entri nei vocabolari e diventi patrimonio comune: «non sono gli studiosi, quelli che fanno i vocabolari, a decidere quali parole nuove sono belle o brutte, utili o inutili. Quando una parola nuova è sulla bocca di tutti (o di tanti), allora lo studioso capisce che quella parola è diventata una parola come le altre e la mette nel vocabolario»

petaloso

renzi_petalosoUna storia deamicisiana, se non fossimo nell’era dei social network. Diffusasi la notizia, martedì scorso, molti hanno pensato: bene, se ci sono tante adesioni, la Crusca inserisce la parola nel suo vocabolario. Aiutiamo il bambino a far entrare la sua parola nel vocabolario. E così nasce l’hashtag #petaloso, che in breve tempo diventa uno dei trending topics del giorno, e anche dei giorni successivi. Dà il suo contributo anche Matteo Renzi, che in un primo momento riesce a nascondere la sua profonda incomprensione di quello che sta accadendo.

Emergono subito due gravi fraintendimenti:
1. trasferire alla lingua la prospettiva dei «mi piace»: si pensa che una parola abbia successo, ed entri nel vocabolario, se ha tanti «mi piace». Avanti, quindi, con l’hashtag #petaloso;
2. pensare che la Crusca editi un vocabolario (non lo fa più da quasi un secolo) e che decida, magari quotidianamente e magari sulla base dei «mi piace», quali parole inserire, e che comunque abbia deciso di accreditare petaloso come voce da aggiungere ai vocabolari (da qui un altro hashtag #accademiaaggiungiquesta).

Nulla di tutto questo. matteoPoi, il tritacarne mediatico fa il resto, con giornali e televisioni che si buttano a pesce sulla notizia (persino BBC, «Le monde», «El País»), con polemiche a non finire (dal rituale «non si può sentire», ai vari «dov’era la Crusca quando Banderas inventava inzupposo»,  «basta con i bambini ignoranti», «ai miei tempi anche il bidello mi avrebbe impedito di dire petaloso», e via di idiozia in idiozia) e anche con una evitabile esposizione mediatica di Matteo e della sua immagine.

Vera Gheno, che lavora all’Accademia della Crusca, ha pubblicato un post giustamente irato a questo proposito:

vera_ghenoAggiungo: è davvero pretendere troppo se si chiede a chi si occupa del parere della Crusca di averlo almeno letto?

Ora, non vorrei fare il crudele che spiega che Babbo Natale non esiste. Però: 1. come ha scoperto subito Rocco Luigi Nichil, il piccolo Matteo non è stato il primo a usare petaloso: lo si trova già in un articolo di  Michele Serra, apparso su «Panorama» nel 1991.

nichilDel resto, in latino, la voce compare nello scritto di un botanico e farmacista inglese (James Petiver, Musei Petiveriani Centuriae (decem) rariora naturae, Londra 1695) e la voce corrispondente inglese, petalous, è attestata dal 1686 (anche se è di uso raro):

petalous 2. ho dei grossi dubbi che petaloso, non appena sarà scemato il clamore di questi giorni, si insedi stabilmente nella lingua italiana. Non vedo un grande bisogno di lessicalizzare la nozione che Matteo ha voluto occasionalmente rappresentare con questo aggettivo. Proprio il fatto che petaloso sia entrato e uscito già una volta dall’italiano conferma questa previsione.

Ho ancora tre sassolini da togliermi dalle scarpe.

1. Molti degli intervenuti nella discussione hanno dimostrato di dominare meno di Matteo le regole di formazione delle parole. Il suffisso -oso non si può unire a qualsiasi parola, si unisce prevalentemente a nomi. Come ha notato Anna M. Thornton in un suo post su Facebook, esistono aggettivi in -oso che derivano da basi che non sono nomi (il riferimento è allo studio di Fabio Montermini, The Unitary Base Hypothesis and the Semantics of Word-Formation Rules del 2001): la proporzione è di circa 1000 aggettivi in -oso derivati da nomi, contro circa 60 non denominali.

È per questo che l’inzupposo di Banderas non può essere messo sullo stesso piano del petaloso di Matteo. Come in altri aggettivi in -oso usati nella pubblicità, inzupposo deve il suo effetto proprio al fatto di essere uno scarto rispetto alla norma prevalente, così come è successo in passato a comodoso, sciccoso e morbidoso (ma non a risparmioso e scattoso, che sono del tutto regolari).

scattosaAnche lo sciropposo contenuto nel titolo di una storia apparsa su «Topolino» è un occasionalismo ben formato, né più né meno del petaloso di Matteo.

sciropposo

2. Accanto ai mille articoli neutri o ben informati, ne sono usciti due presuntuosi, boriosi e vergognosi, uno su «Linkiesta», l’altro sull’«Huffington Post». Li segnalo qui al pubblico ludibrio e non trovo di meglio che ricopiare, con pochi tagli, l’ottimo commento che Elisa Tonani, giovane storica della lingua genovese, ha postato nella pagina Facebook di «La lingua batte» a proposito del secondo dei due articoli citati :

Volevo stare zitta, su ‪#‎petaloso, ma poi mi sono imbattuta in un articolo scritto, questo sì, con boria e scarsa padronanza della lingua italiana, le due cose che – ovviamente – sono proprio quelle demonizzate lungo tutta questa insulsa catasta di parole che a tratti vorrebbero essere ironiche ma riescono solo a essere acide. (…) A parte i soliti sintagmi del linguaggio di certo giornalismo scadente e invecchiato (perifrasi ancora una volta che vorrebbero strizzare l’occhio al lettore ma che a me provocano solo strizzamenti del nervo vago: es. “i parrucconi della vecchia Accademia, i bastioni di Orione a tutela della nostra lingua”, e altre espressioni del tipo “il piccoletto ha ragione da vendere” “un giovane virgulto d’uomo”, “sdoganarlo con un bagno di notorietà”, “baldanzosa maestra” – quest’ultima ripetuta più volte perché una trovata così geniale va sfruttata bene!…); a parte tutto questo, l’articolo dice anche cose scorrette: “un compito che trattava gli “aggettivi” derivati dai sostantivi” (NO: il compito era “Scrivi due aggettivi per ogni nome”); e contiene anche scorrettezze grammaticali: “Che di fenomeni ce ne sono pochi, molti meno di quanti ne vengano additati in giro.”  (…) Però non capisco ancora (dopo tanta esperienza di letture sgradevoli come quella di questo articolo) e ancora non mi rassegno al fatto che un giornalista, un opinionista, un intellettuale a qualsiasi titolo, possa scrivere senza attenzione alla correttezza della notizia riportata e senza attenzione all’uso della lingua italiana (perfino quando prende la penna proprio per difenderla!), ma solo allo scopo di porsi come una voce fuori dal coro, una barca controcorrente, qualcosa che galleggia più in alto: ma noi Liguri sappiamo bene quali sono quei materiali di origine organica che galleggiano al di sopra degli altri sulla superficie del mare: avete capito anche voi, no?

3. Ma l’intervento più odioso è stato quello del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha cavalcato l’onda del momento, forzando il significato della parola messa in circolo dal renzi_petalososuo piccolo omonimo, e ha infilato nel suo intervento al Piccolo Teatro di Milano sul progetto «Human Technopole» una serie di asserzioni prive di fondamento, anzi, proprio prive di senso, che dimostrano come né lui, che pure è stato sindaco di Firenze, né lo staff che lo aiuta nella comunicazione sappiano cosa ha scritto l’Accademia della Crusca, ma, più in generale, cosa fa la Crusca. Ecco la trascrizione:

Ieri è uscita una notizia abbastanza strana, che a me è piaciuta moltissimo. Ce l’ha raccontata l’Accademia della Crusca. Un bambino di 8 anni, di Ferrara, ha scritto insieme alla sua maestra, la sua insegnante – e dobbiamo dire brava alla sua insegnante, oltre a quel bambino, una lettera all’Accademia della Crusca.  Ovviamente l’idea di scrivere all’Accademia della Crusca immagino sia venuta all’insegnante. Ma quel bambino aveva scritto una parola, aveva coniato una parola, la parola petaloso, che l’Accademia della Crusca, dopo una lunga discussione tra i propri grandi esperti, ha ritenuto essere una parola che deve entrare nel vocabolario italiano. E allora quella parola, ieri i social della Crusca, e anche questa la dice lunga, i social network della Crusca hanno rilanciato la notizia e la parola petaloso è entrata dentro il grande vocabolario della lingua italiana, coniata da un bambino di 8 anni. Beh, questo progetto è un progetto petaloso, questo progetto è un progetto che ha più di un ambito di azione,  è un progetto che davvero possiamo definire con questa espressione.

Non ho proprio parole per commentare. Voglio solo ripetere che l’Accademia della Crusca non prende decisioni su quali parole devono entrare nei vocabolari e rassicurare che i grandi esperti della Crusca non si sono riuniti per discutere di petaloso.

Petalosoultima modifica: 2016-02-25T18:13:11+01:00da cortmic
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3 pensieri su “Petaloso

  1. Un’occasione persa? No, siamo ancora in tempo per approfittare dell’occasione e ricordare agli Italiani e a chi li governa che “la crusca esiste” e varrebbe la pena di usare il lavoro di quelle brave persone.
    Solo per fare un piccolo esempio, l’Italia è uno dei pochi paesi in cui “euro” (la moneta italiana) non ha il plurale perché il governo italiano non si è preoccupato di informarsi e richiederlo alla commissione europea.

  2. Anticipo che, a dispetto del nome, non intendo far polemica sul’Accademia, la cui risposta a Matteo trovo sia stata adeguata, rassicurante e chiara per l’età del bambino. Però vorrei fare qualche considerazione d’altro ordine:
    1) anzitutto mi fa porre qualche domanda l’atteggiamento della maestra, che ho percepito essere più di stupore che di reale dubbio; domande a cui ho trovato risposta desumendo che, dalla sua giovane età, sia laureata in scienze della formazione, il cui piano di studi non prevede nessun insegnamento di linguistica, che pure potrebbe dare un aiuto sostanziale a chi deve spiegare, non solo imporre, le regole della nostra lingua;
    2) sempre riguardo la maestra, tutto sommato trovo poco appropriato porre un bambino in un vortice mediatico, in cui ha ricevuto sì tante coccole, ma anche diverse bastonate;
    2a) rabbrividisco di fronte a tantissimi commenti, link, articoli, di adulti che hanno dato addosso al bambino! Una nutrita cerchia di esseri disumani che pure “sono intorno a noi” e che sì, mi inquieta;
    3) segnalo l’articolo di Famiglia Cristiana che contiene un preoccupante, a mio avviso, paragone con Lombroso:
    4)segnalo l’articolo del Fatto Quotidiano intriso di romanticismo e speranza, perché “petaloso è bello e fa subito poesia”, ma forse dal giornalismi mi aspetterei riflessioni d’altra levatura.

  3. Rocco Luigi Nichil ha scoperto quello che già forse in tanti hanno scoperto (anche prima di lui) ; personalmente alle ore 11 circa del giorno 24, cioè quando mi sono vista tutto questo entusiasmo su “petaloso”.
    Semplicemente bastava andare in google libri e cercare , come peraltro faccio per molte altre cose, poi ho chiamato Panorama (perché non si vedeva il nome del giornalista) e ho segnalato la cosa.

    Insomma chi fa ricerca non si stupisce…gli altri si stupiscono sempre molto!!!!

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