La lingua di Carlo Azeglio Ciampi: sobrietà e innovazione

fiorello«Care italiane, cari italiani». «La (signora) Franca …»: sono due punti forti, dei veri e propri tormentoni, della famosissima imitazione del Presidente della Repubblica allora in carica che Fiorello faceva nella trasmissione «Viva Radio 2».

Bisognerebbe dar sempre retta a quanti fanno satira: spesso, per intuito, individuano le caratteristiche del linguaggio di un personaggio con una velocità da far invidia a noi studiosi, che arriviamo agli stessi risultati, con maggiori dettagli e maggiore sicurezza, ma solo dopo lunghi spogli accurati dei discorsi da analizzare. Loro, invece, ci arrivano subito, grazie al loro fiuto.

ciampi4L’incipit «Care italiane, cari italiani» e il sintagma «mia moglie» risultano delle peculiarità di Carlo Azeglio Ciampi, come si ricava facilmente dalla lettura di tutti i messaggi di fine d’anno degli 11 Presidenti della Repubblica che si sono susseguiti fino all’attuale: l’incipit è tutto ciampiano nella forma, solo parzialmente nella sostanza, in quanto anche Pertini iniziava i suoi discorsi ponendo attenzione alle differenze di genere («italiane e italiani» nell’esordio, ma «italiani e italiane», in genere, all’interno del discorso). Un modo di rivolgersi ai cittadini abbandonato da Napolitano, e poi ripreso, in maniera più dissimulata, da Sergio Mattarella nel suo primo discorso di fine d’anno («Buonasera, un saluto molto cordiale a quanti mi ascoltano e gli auguri migliori, altrettanto cordiali, a tutte le italiane e a tutti gli italiani, in patria e all’estero»).

moglieAltra forte specificità di Ciampi è stata l’esplicita introduzione nei discorsi della figura della moglie (unica, vera first Lady nella storia della Repubblica): «Vi rivolgo, e con me mia moglie, un forte, affettuoso augurio». Il sintagma mia moglie compare, nei discorsi di fine anno, solo in Ciampi.

Sul piano lessicale, oltre che ideologico, è noto il recupero dei simboli della Repubblica: oltre all’ampiamente diffuso Costituzione, spiccano il tricolore e l’Inno di Mameli, parole esclusive, tra i Presidenti della Repubblica, di Carlo Azeglio Ciampi. Infine, è caratteristico il binomio Europa e Italia, con le relative famiglie lessicali («Oggi ci sentiamo Europei, ma anche orgogliosamente Italiani»): le due parole si trovano unite, variamente declinate, europanella coppia certamente più frequente in tutti i messaggi di Ciampi Presidente (con 14 occorrenze, anche quando ad apparire assieme sono le denominazioni ufficiali Repubblica Italiana e Unione Europea). E talvolta i concetti di Italia (magari sotto l’aspetto di patria) e di Europa si affiancano a un importante terzo polo, quello della «piccola patria», della dimensione locale: «Non c’è contraddizione alcuna fra amore della propria città e regione, amor di patria, amore d’Europa».

Non so quanti, ascoltando Carlo Azeglio Ciampi, si siano accorti del carattere innovativo del linguaggio del Presidente. Le innovazioni sono, infatti, inserite in uno stile sobrio, misuratamente solenne, ma anche con tratti di familiarità (ben evidenziati, questi ultimi, nella piccola differenza dell’incipit dei discorsi di fine d’anno di Ciampi rispetto a quelli di Pertini: l’aggiunta di care, cari permette, pur nella solennità dell’eloquio, di creare una vicinanza tra Presidente e Italiani).

ciampi6Per raggiungere l’obiettivo stilistico di una sobria solennità, Ciampi ha restaurato il primato del testo scritto, preparato in anticipo, letto davanti alle telecamere senza modifiche di rilievo. La funzione centrale data al testo e l’importanza suprema attribuita alla parola scritta, sono testimoniati bene dal processo che Ciampi attivava per giungere alla versione definitiva dei suoi messaggi di fine d’anno: replicando l’esperienza di governatore della Banca d’Italia e il rito di preparazione delle Considerazioni finali, il testo era preparato e rifinito in una serie di approfondite letture e discussioni collettive con i suoi collaboratori.

ciampi5L’accurata preparazione del testo sembra un passo indietro, rispetto ai suoi predecessori (Pertini, Scalfaro, ma anche Cossiga), che tendevano a superare la prigionia del testo scritto. In realtà, la scelta di Ciampi mira a coniugare la solennità alla familiarità, la attenta scelta degli argomenti con la loro piena trasferibilità agli ascoltatori attraverso la televisione. Il testo è costruito in modo tale che la sua lettura trasmette un senso di solennità, ma non distanza.

Condizione perché un testo scritto non appaia un qualcosa di estraneo quando viene realizzato davanti alle telecamere, è che la sua sintassi sia semplice e lineare, le sue frasi siano brevi. E difatti la brevità media delle frasi è seconda solo a Scalfaro. Ma è anche necessario che ci sia una studiata tessitura linguistica che dia ritmo e senso unitario al testo letto. Lo strumento stilistico che realizza questo obiettivo è una fitta trama binaria che percorre tutti i suoi discorsi. Talvolta, le serie binarie hanno una funzione puramente ritmica (l’allitterazione e l’omeoteleuto di densità e drammaticità, la paronomasia di coinvolto e sconvolto); in altri casi le dittologie sinonimiche («sono tante le iniziative di sostegno ai più sfortunati e bisognosi») non fanno che amplificare, duplicandole, alcune nozioni. Ma in Ciampi l’ampio ricorso a strutture binarie sembra rispondere a bisogni più profondi di strutturazione logica del pensiero da trasmettere. Per questo sono frequenti le dittologie complementari («dobbiamo, in primo luogo, accrescere l’impegno nei settori della ricerca e della formazione»), quelle per contrasto («una giusta collaborazione tra le varie sedi di governo, locale e centrale, come fra pubblico e privato»), le antitesi («Piangiamo i nostri morti, piangiamo migliaia e migliaia di morti di tante nazioni, lontane nello spazio, vicine nel lutto»), i parallelismi («L’uomo di religione reagisce pregando e predicando la pace […] L’uomo di governo deve reagire mirando a realizzare una più forte coesione fra tutti coloro che sanno come si costruisce la pace»): follatutti costrutti che, per parafrasare un commento di Giuseppe Antonelli allo stile del successore, Giorgio Napolitano, risultano funzionali all’oratoria di chi lavora per ricomporre un Paese dimidiato dal bipolarismo e cerca di essere davvero il simbolo dell’unità nazionale di fronte a un paese allora elettoralmente diviso in due parti quasi uguali.

Rielaborazione della parte relativa a Carlo Azeglio Ciampi di Continuità e discontinuità degli stili oratori dei presidenti, in Messaggi dal Colle. I discorsi di fine anno dei presidenti della Repubblica, a cura di Michele A. Cortelazzo e Arjuna Tuzzi, Venezia, Marsilio, 2007, pp. 207-230.
Ha studiato la lingua di Ciampi anche Maria Vittoria Dell’Anna, Tra ufficialità e colloquialità. La lingua di Carlo Azeglio Ciampi, «LId’O. Lingua italiana d’oggi» II, 2005, pp. 171-214.

La lingua di Carlo Azeglio Ciampi: sobrietà e innovazioneultima modifica: 2016-09-17T12:50:53+02:00da cortmic
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