Gerundio

Nella «Gazzetta di Parma» è uscito, qualche giorno fa, un articolo, Gerundio, istruzioni per l’uso, nel quale l’autore, Tristano de Chicchis, sostanzialmente invita a non usare gerundio2questo modo. Le motivazioni? Sinteticamente, si trovano all’inizio dell’articolo: «Diciamolo: è goffo. Appesantisce le frasi. Spesso si fa largo con una certa prepotenza nel periodo e toglie ritmo alle parole che lo circondano». Nel seguito dell’articolo, de Chicchis porta argomenti più solidi, oggettivi, fondati sulla grammatica del gerundio.

Il tema può parere circoscritto. Ma è molto complesso. Questo post sarà, di necessità, particolarmente lungo.

Si possono individuare due punti deboli del gerundio.

1. Le proposizioni al gerundio oscurano il nesso logico che si intende instaurare con la frase reggente. Quindi, risultano spesso ambigue. Prendiamo questa frase che (nome di fantasia a parte) traggo, testualmente, da un’interazione su Facebook: «caro Poggiali, abitando a Varese come me, avresti facilmente individuato un modo di essere di alcune di quelle caricature, come il ragionier o dottor Ossola, interpretato da Bentivoglio». Chiedo ai lettori: Poggiali abita a Varese o in un’altra città? Se Poggiali abita a Varese, la frase va interpretata così: «caro Poggiali, visto che abiti a Varese come me, avresti dovuto facilmente individuare quello specifico modo di essere»; se invece Poggiali non abita a Varese, si deve intendere «caro Poggiali, se tu abitassi a Varese come me, avresti potuto facilmente individuare quello specifico modo di essere». La presenza del condizionale nella reggente indirizza un po’ verso quest’ultima interpretazione; ma la prima spiegazione non sarebbe impossibile e non può essere esclusa.

2. Spesso si incontrano frasi nelle quali l’individuazione del soggetto del gerundio è problematica, in genere a causa di un debole dominio, da parte dello scrivente, delle regole che presiedono alla costruzioni delle frasi implicite. De Chicchis riporta, ad esempio, questa frase: «Allenandosi poco, l’allenatore non fa giocare il centravanti». Chi è che si allena poco? Nelle intenzioni del produttore del messaggio, il fatto di allenarsi poco va attribuito al giocatore; ma così come è stata costruita, la scarsa voglia di allenarsi non può che essere attribuita all’allenatore, circostanza che è evidentemente impossibile dal punto di vista nozionale. Da parte mia posso citare questa frase, presa da un testo burocratico (un settore nel quale i gerundi abbondano): «Le modalità per l’assunzione a contratto sono definite dalle singole amministrazioni prevedendo comunque che il trattamento economico degli interessati non può essere inferiore a quello tabellare delle qualifiche di riferimento né superiore a quello in godimento del personale». Chi prevede come dev’essere il trattamento economico degli interessati? Le amministrazioni o le modalità? Dal punto di vista sostanziale cambia poco, ma il problemino resta.

Il secondo caso è palesemente un errore e c’è solo da augurarsi che cresca la competenza di parlanti e scriventi che si avventurano a costruire frasi al gerundio. Vale sempre la regola: se non sei capace di usare un costrutto grammaticale, evitalo. Ma nel primo caso non c’è errore. Non è questione di grammatica, ma di diversità di prospettiva tra produttore e destinatario del testo: il parlante o lo scrivente che usa un gerundio ambiguo non si accorge neppure del problema. Lui sa qual è l’interpretazione esatta e, in genere, non percepisce che, con buone ragioni dal suo punto di vista, il destinatario potrebbe, invece, capire in altro modo.

nencioniProprio per questo, nei manuali di scrittura chiara (soprattutto in quelli che mirano a migliorare l’attuale scrittura amministrativa) si suggerisce di evitare il gerundio. Del resto basta poco a sostituire una proposizione al gerundio, potenzialmente ambigua, con una proposizione esplicita, che azzera le possibilità di malinteso. Vale l’aureo suggerimento di Giovanni Nencioni: «Quando è opportuno sostituire al gerundio, che è un modo verbale con più funzioni implicite, quindi indefinito, un modo finito, esplicitando una di quelle funzioni? Quando – si può rispondere – sia opportuno eliminare l’ambiguità semantica insita nella plurivalenza del gerundio. “Tornando, troverai i vecchi amici” può significare “Quando tornerai…” (valenza temporale) oppure “Se tornerai…” (ipotetica); “Prenotando, sei sicuro di partire” può risolversi in “Se prenoti…” (ipotetica) o “Col prenotare…” (strumentale); “Ricusando di parlare a tua discolpa, ti condanni da te stesso” può significare “Se ricusi…” (ipotetica) oppure “Poiché ricusi…” (causale). In una promessa, in un contratto, in una testimonianza, in un interrogatorio la disambiguazione del gerundio può rendersi necessaria: ben diversa è infatti la portata pratica di un gerundio ipotetico da quella di un gerundio temporale o causale»

caramagnaChissà se queste indicazioni saranno condivise da Giulia Caramagna, la studentessa universitaria che ha sentito il bisogno, sempre nella «Gazzetta di Parma», di reagire alla proposta di de Chicchis. Le motivazioni della studentessa sono espresse con pacatezza e con chiarezza: collega la sua reazione al (presunto) stato generale della nostra lingua: «Un Paese che può vantare la lingua più complessa e difficile, in quanto ricca e articolata, anziché fare di tutto per mantenerla tale (nel limite del possibile e della ragione), mi sembra invece che faccia di tutto per impoverirla sempre di più… È già aberrante e triste che il congiuntivo sia in disuso e che sia destinato a scomparire (detto dai linguisti), ma che oltre a questo si ìnciti all’abbandono del gerundio, no! Non posso accettarlo».

La studentessa propone, poi, una questione molto seria: «Se esiste ci sarà un motivo, o no? E perché non dare una dignità anche a lui, poverino? Che male vi ha fatto?». Perché un argomento serio? Perché spesso nei manuali di scrittura chiara si suggerisce di evitare costrutti grammaticali che nelle lingue esistono da sempre.

no_al_gerundioAllora, per scrivere chiari si deve andare verso una riduzione delle potenzialità della lingua, cioè verso un impoverimento?

mentireIl fatto è che la lingua è uno strumento potente che può essere utilizzato per varie cose: per dire la verità, ma anche per raccontare le più colossali bugie; per descrivere il nostro mondo, ma anche per immaginarne uno di diverso e inesistente; per accrescere le conoscenze del destinatario, ma anche per confondergli le idee. Dipende da qual è lo scopo della nostra comunicazione. In questo, un ruolo fondamentale lo gioca il lessico; ma anche la sintassi può portare il suo contributo. Pensiamo solo al passivo senza esplicitazione del complemento d’agente: un modo grammaticalmente perfetto per occultare l’agente, cioè chi fa l’azione espressa dal verbo.

Giulia Caramagna  a un certo punto si chiede «significa che ci sono tempi verbali per la prosa e tempi verbali per la poesia? Non mi risulta». Invece sì, anche se non in termini meccanicamente obbligatori: ci sono costrutti che sono più adeguati a un certo tipo di testi, o a un certo obiettivo comunicativo, o a determinate finalità espressive. Se vogliamo avere la garanzia che quello che diciamo venga capito nei termini in cui l’abbiamo concepito, allora è meglio sostituirlo con la corrispondente proposizione esplicita. Ma se, invece, abbiamo le idee pcompito_latinooco chiare, oppure se vogliamo lasciare margini di interpretazione, se non proprio di ambiguità, allora il gerundio è proprio il modo che fa il caso nostro. De Chicchis, nell’articolo da cui siamo partiti, richiama un caso emblematico in questo senso: l’uso che ne fanno gli studenti liceali nelle versioni dal latino, per rendere proposizioni latine di cui non capiamo bene il valore (modale, temporale, causale, ipotetico?). In questi casi, il gerundio non sarà, magari, la soluzione ideale, ma difficilmente sarà una soluzione sbagliata (che poi il liceale traduttore abbia davvero capito il senso di quello che ha tradotto, è un altro discorso …).

scarpaA sua volta, Federica Scarpa nel suo manuale sulla traduzione specializzata, in controtendenza rispetto ai manuali di redazione dei testi originali, promuove l’uso del gerundio, per la «sua neutralità temporale», la «sua capacità di allungare l’estensione dei periodi», la possibilità di evitare «l’uso di pesanti costrutti nominali o di una secondaria esplicita, ma anche indicando il risultato di quanto espresso nella principale». Insomma, quello che dal mio punto di vista è un bene (utilizzare le più perspicue secondarie esplicite), in questo manuale viene visto come un difetto.

E in letteratura? Proprio per mostrare le «potenzialità malefiche» del gerundio, de Chicchis porta questa frase: «l’assassino afferra un coltello, si avvicina alla vittima, la colpisce a morte», e poi la sua riformulazione: «Avendo afferrato un coltello ed essendosi avvicinato alla vittima, l’assassino la colpisce a morte». E commenta: «è un po’ come ascoltare prima un concerto rap e subito dopo una marcia funebre (…): tutta un’altra musica». Ma mi è capitato di discutereeditor, in una tesi di laurea triennale, delle scelte (a volte idiosincratiche?) degli editor. Nel caso specifico abbiamo esaminato i suggerimenti dati a uno scrittore esordiente. L’editor si è mostrato più affine a Federica Scarpa che a Tristano de Chicchis: in linea di massima ha cercato di promuovere l’uso del gerundio, come strumento per comporre frasi eleganti e sintetiche.

 

Gerundioultima modifica: 2014-07-12T12:38:36+02:00da cortmic
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Un pensiero su “Gerundio

  1. Non concordo con De Chicchis.
    Di fatto lui dà per scontato il fatto che tutti i lettori siano così scemi da non saper vedere il contesto e valutare solo le singole parole.
    No, mi dispiace, De Chicchis avrà ragione sul piano astratto-teorico, ma sul piano pratico sta alquanto fuori dal mondo.
    Saluti,
    Mauro.

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