Questo post, pubblicato qualche giorno su Facebook fa da un professore dell’Università di Torino, e i relativi commenti mostrano che non è solo un mio pallino quello di criticare la qualità di scrittura di quel «piccolo foglio di carta» (come l’ha definito il Capo della polizia, il prefetto Franco Gabrielli in una risposta a un mio articolo nel «Mattino di Padova») che è il modello di autodichiarazione per chi in questi giorni si deve spostare da casa.
Altri linguisti hanno criticato altri avvisi istituzionali, nei quali pare davvero trionfare quella che Calvino defini antilingua, o la neolingua di orwelliana memoria.
Non è mia abitudine fermarmi alla critica. Come avevo già annunciato nel primo di questi post sull’autodichiarazione, ho cercato anche di fare una proposta costruttiva: una riscrittura dell’autodichiarazione chiara e nitida, anche graficamente. Questo è il prodotto del lavoro svolto, che ha, come punto di partenza, l’analisi del testo originale da parte delle studentesse e degli studenti del corso di «Metodi linguistici di analisi dei testi», che tengo in questo semestre, naturalmente in forma telematica, all’Università di Padova.
Ecco la mia proposta, che è naturalmente criticabile e senz’altro migliorabile (io stesso, ogni volta che la rileggo, faccio qualche minima correzione):
Dall’originale alla riscrittura la leggibilità aumenta decisamente, come si deduce facilmente dalla sintesi fornita dal sito http://www.corrige.it/ (confrontabile con l’analoga sintesi relativa al testo originale, già pubblicata nel post precedente): l’indice medio passa da 47 a 55. Ancora più significativi due dati: la lunghezza media delle frasi, che scende da 24,84 a 14,96 e la percentuale di parole non appartenenti al vocabolario di base, che scende anch’essa, da 11,15% a 7,75%. Così il testo, che risultava «quasi incomprensibile» per i cittadini con la sola licenza elementare, diventa, per questi destinatari, «molto difficile»; l’originale appariva «molto difficile» per i cittadini con la licenza media, e diventa, per loro, «difficile». Il testo resta «facile» (ma è pienamente facile) per chi ha una scolarizzazione superiore. Certo, l’esito non è pienamente soddisfacente. Si sarebbe raggiunto un risultato nettamente migliore (vicino al limite di comprensibilità per chi ha la licenza media), se avessi rinunciato a esplicitare il contenuto dei provvedimenti e delle decreti citati. Comunque, se si mantiene la concezione dell’originale, è difficile riuscire a fare di più.
Una delle caratteristiche del modello di autodichiarazione proposto dal Ministero dell’Interno è di aver richiesto di dichiarare di conoscere la normativa sul contenimento del virus. Queste dichiarazioni non si trovano in altri modelli di autodichiarazione. In effetti, la legge che ha inserito nel sistema amministrativo un documento analogo, l’autocertificazione (Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa», art. 46), spiega che questo tipo di dichiarazione serve a comprovare «stati, qualità personali e fatti».
Per quanto autocertificazione e autodichiarazione siano due strumenti diversi, se riteniamo comunque cosa sensata limitare l’autodichiarazione alla documentazione di «stati, qualità personali e fatti», possiamo proporre questa riscrittura più succinta:
Per sintetizzare il senso di questo post, presento sinotticamente i dati fondamentali per comprendere quanto sia migliorabile il testo proposto dal Ministero dell’Interno:
Non servirebbe molto a rendere linguisticamente più «umana» questa dichiarazione: un po’ di umiltà, per ammettere che la redazione del documento, avvenuta in un momento di emergenza, può essere notevolmente migliorata e qualche conoscenza di base del plain language. O riconoscere che esistono delle professionalità che possono essere utili in questi casi.