È il momento dei neologismi. Si stava ancora discutendo di configlio, quando è scoppiato il tornado petaloso. È bene ricostruire la storia, perché in migliaia ne parlano, ma quasi tutti per sentito dire, diffondendo valanghe di stupidaggini da far paura.
Più correttamente possiamo dire che petaloso è una parola possibile in italiano, perché rispetta pienamente le regole derivazionali della nostra lingua. Come ci sono orgoglioso, formoso, spinoso, peloso, muscoloso, ci potrebbe essere petaloso. Il bambino che ha scritto petaloso ha una conoscenza del lessico adeguata alla sua età, e quindi non sa che il vocabolario italiano non comprende petaloso, ma sa che ci potrebbe essere. Mostra, insomma, di essere un bambino intelligente, che ha ben interiorizzato le regole di formazione delle parole in italiano. Su questi processi ha scritto, più di vent’anni fa, un importante studio Maria G. Lo Duca (Creatività e regole. Studio sull’acquisizione della morfologia derivativa dell’italiano, Bologna, Il Mulino, 1990).
Emergono subito due gravi fraintendimenti:
1. trasferire alla lingua la prospettiva dei «mi piace»: si pensa che una parola abbia successo, ed entri nel vocabolario, se ha tanti «mi piace». Avanti, quindi, con l’hashtag #petaloso;
2. pensare che la Crusca editi un vocabolario (non lo fa più da quasi un secolo) e che decida, magari quotidianamente e magari sulla base dei «mi piace», quali parole inserire, e che comunque abbia deciso di accreditare petaloso come voce da aggiungere ai vocabolari (da qui un altro hashtag #accademiaaggiungiquesta).
Nulla di tutto questo.
Vera Gheno, che lavora all’Accademia della Crusca, ha pubblicato un post giustamente irato a questo proposito:
Ora, non vorrei fare il crudele che spiega che Babbo Natale non esiste. Però: 1. come ha scoperto subito Rocco Luigi Nichil, il piccolo Matteo non è stato il primo a usare petaloso: lo si trova già in un articolo di Michele Serra, apparso su «Panorama» nel 1991.
Ho ancora tre sassolini da togliermi dalle scarpe.
1. Molti degli intervenuti nella discussione hanno dimostrato di dominare meno di Matteo le regole di formazione delle parole. Il suffisso -oso non si può unire a qualsiasi parola, si unisce prevalentemente a nomi. Come ha notato Anna M. Thornton in un suo post su Facebook, esistono aggettivi in -oso che derivano da basi che non sono nomi (il riferimento è allo studio di Fabio Montermini, The Unitary Base Hypothesis and the Semantics of Word-Formation Rules del 2001): la proporzione è di circa 1000 aggettivi in -oso derivati da nomi, contro circa 60 non denominali.
È per questo che l’inzupposo di Banderas non può essere messo sullo stesso piano del petaloso di Matteo. Come in altri aggettivi in -oso usati nella pubblicità, inzupposo deve il suo effetto proprio al fatto di essere uno scarto rispetto alla norma prevalente, così come è successo in passato a comodoso, sciccoso e morbidoso (ma non a risparmioso e scattoso, che sono del tutto regolari).
2. Accanto ai mille articoli neutri o ben informati, ne sono usciti due presuntuosi, boriosi e vergognosi, uno su «Linkiesta», l’altro sull’«Huffington Post». Li segnalo qui al pubblico ludibrio e non trovo di meglio che ricopiare, con pochi tagli, l’ottimo commento che Elisa Tonani, giovane storica della lingua genovese, ha postato nella pagina Facebook di «La lingua batte» a proposito del secondo dei due articoli citati :
Volevo stare zitta, su #petaloso, ma poi mi sono imbattuta in un articolo scritto, questo sì, con boria e scarsa padronanza della lingua italiana, le due cose che – ovviamente – sono proprio quelle demonizzate lungo tutta questa insulsa catasta di parole che a tratti vorrebbero essere ironiche ma riescono solo a essere acide. (…) A parte i soliti sintagmi del linguaggio di certo giornalismo scadente e invecchiato (perifrasi ancora una volta che vorrebbero strizzare l’occhio al lettore ma che a me provocano solo strizzamenti del nervo vago: es. “i parrucconi della vecchia Accademia, i bastioni di Orione a tutela della nostra lingua”, e altre espressioni del tipo “il piccoletto ha ragione da vendere” “un giovane virgulto d’uomo”, “sdoganarlo con un bagno di notorietà”, “baldanzosa maestra” – quest’ultima ripetuta più volte perché una trovata così geniale va sfruttata bene!…); a parte tutto questo, l’articolo dice anche cose scorrette: “un compito che trattava gli “aggettivi” derivati dai sostantivi” (NO: il compito era “Scrivi due aggettivi per ogni nome”); e contiene anche scorrettezze grammaticali: “Che di fenomeni ce ne sono pochi, molti meno di quanti ne vengano additati in giro.” (…) Però non capisco ancora (dopo tanta esperienza di letture sgradevoli come quella di questo articolo) e ancora non mi rassegno al fatto che un giornalista, un opinionista, un intellettuale a qualsiasi titolo, possa scrivere senza attenzione alla correttezza della notizia riportata e senza attenzione all’uso della lingua italiana (perfino quando prende la penna proprio per difenderla!), ma solo allo scopo di porsi come una voce fuori dal coro, una barca controcorrente, qualcosa che galleggia più in alto: ma noi Liguri sappiamo bene quali sono quei materiali di origine organica che galleggiano al di sopra degli altri sulla superficie del mare: avete capito anche voi, no?
3. Ma l’intervento più odioso è stato quello del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha cavalcato l’onda del momento, forzando il significato della parola messa in circolo dal
Ieri è uscita una notizia abbastanza strana, che a me è piaciuta moltissimo. Ce l’ha raccontata l’Accademia della Crusca. Un bambino di 8 anni, di Ferrara, ha scritto insieme alla sua maestra, la sua insegnante – e dobbiamo dire brava alla sua insegnante, oltre a quel bambino, una lettera all’Accademia della Crusca. Ovviamente l’idea di scrivere all’Accademia della Crusca immagino sia venuta all’insegnante. Ma quel bambino aveva scritto una parola, aveva coniato una parola, la parola petaloso, che l’Accademia della Crusca, dopo una lunga discussione tra i propri grandi esperti, ha ritenuto essere una parola che deve entrare nel vocabolario italiano. E allora quella parola, ieri i social della Crusca, e anche questa la dice lunga, i social network della Crusca hanno rilanciato la notizia e la parola petaloso è entrata dentro il grande vocabolario della lingua italiana, coniata da un bambino di 8 anni. Beh, questo progetto è un progetto petaloso, questo progetto è un progetto che ha più di un ambito di azione, è un progetto che davvero possiamo definire con questa espressione.
Non ho proprio parole per commentare. Voglio solo ripetere che l’Accademia della Crusca non prende decisioni su quali parole devono entrare nei vocabolari e rassicurare che i grandi esperti della Crusca non si sono riuniti per discutere di petaloso.