Matteo Renzi, nell’elencare i membri del suo governo, arrivato al Ministero dell’Economia, ha annunciato il nome di Pier Carlo Pàdoan. Ma come Pàdoan? Tutte le volte, e negli ultimi anni è accaduto spessissimo, in cui Padoan è stato intervistato alla radio, è sempre stato chiamato Padoàn. È vero, Pier Carlo Padoan è “romano di padre torinese”, ma il cognome è decisamente veneto.
Tornando a Padoan, non so come pronunci il suo cognome il neo-ministro. Immagino tronco, altrimenti gli annunciatori radiofonici non avrebbero optato costantemente per questa soluzione. Però qui si apre una questioncella interessante, che riguarda in generale i cognomi e la definizione di chi ne siano, per così dire, i proprietari.
Nel Veneto si riscontra con frequenza, soprattutto per il cognome Milan, la ritrazione dell’accento da parte degli stessi appartenenti alle famiglie con questo cognome. È chiaramente una ritrazione nobilitante, ma ingiustificata sul piano storico. La domanda, ovviamente culturale e non giuridica, è: ma il singolo portatore di un cognome ha il diritto di deformarne la pronuncia tradizionale (al di là di casi imbarazzanti, come Troia, pronunciato per comprensibili ragioni Troìa)? In altre parole, il cognome è proprietà personale o proprietà collettiva, perché esito della tradizione e traccia che i nostri avi hanno lasciato su di noi? Non so rispondere, anche se la componente filologica della mia personalità tende a previlegiare, in questo campo, la conservazione.
Sono questioni forse marginali, ma che evidenziano due questioni fondamentali anche in campi più significativi della nostra lingua: da una parte il policentrismo della nostra cultura, che si traduce nella pluralità delle varietà dell’italiano; dall’altra il complesso rapporto, nella lingua, tra contemporaneità e tradizione.
Addendum 1, «Giornale di Vicenza» del 9 marzo 2014:
Addendum 2, «Corriere della Sera» del 12 marzo 2014 (l’articolo integrale è recuperabile nell’archivio storico del giornale):
Addendum 3, «Giornale di Vicenza» del 19 marzo 2014: