Non sono l’unico a scagliarmi contro i mostri linguistici prodotti dall’amministrazione pubblica (e da quella centrale dei ministeri più che dalle amministrazioni periferiche, anche se pure queste non scherzano). Con piacere riprendo in questo blog le denunce e i commenti che trovo in altri blog: due mesi fa, per esempio, ho scritto delle critiche alla scrittura del decreto Sblocca Italia avanzate da Giovanni Acerboni; un anno e mezzo ho tratto dal sito di Annamaria Testa un commento impietoso a un testo dell’ufficio scolastico regionale della Lombardia.
Oggetto del post è la circolare del Ministero dell’Istruzione sul «Piano di formazione del personale docente volto ad acquisire competenze per l’attuazione di interventi di miglioramento e adeguamento alle nuove esigenze dell’offerta formativa».
I mutamenti verificatisi nell’ambito della società e nella scuola implicano che i docenti acquisiscano e sviluppino con continuità nuove conoscenze e competenze. Occorre perciò avviare e sostenere con apposite attività formative processi di crescita dei livelli ed ambiti di competenza coerenti con un profilo dinamico ed evolutivo della funzione professionale.
e lo commenta così: «si chiama coazione al dicolon, ed è tipica dei temi in classe. Lo scolaro vorrebbe scrivere “Ci vuole molta cura”, ma è irresistibilmente portato a scrivere “Ci vuole molta cura e molta attenzione”; vorrebbe limitarsi a dire che “Restano vari problemi aperti”, ma la coazione al dicolon lo trascina ad aggiungere “e varie questioni irrisolte”. Nelle cinque righe che ho citato, queste zeppe si presentano con la frequenza di un tic nervoso: “nell’ambito della società e nella scuola”, “acquisiscano e sviluppino”, “conoscenze e competenze”, “avviare e sostenere”, “processi ed ambiti”, “dinamico ed evolutivo”. L’aggiunta di senso è minima, impercettibile, a volte nulla (“dinamico ed evolutivo”); e a volte in realtà ad essere aggiunta è una dose di nonsenso: il secondo periodo, da processi di crescita in poi, è quasi incomprensibile, perché la sintassi è slabbrata e i sostantivi astratti formano una nebulosa quasi impenetrabile: cosa sono i “processi di crescita dei livelli”?».
Poi, Giunta nota gli aggettivi puramente decorativi («attivare a livello nazionale percorsi articolati di formazione in servizio…»), o pletorici («predisporre una trama di reciproca cooperazione»); l’addensamento confuso di termini astratti («una base comune di competenza sulla progettazione e sulla organizzazione degli interventi con l’acquisizione di tecniche avanzate e metodi didattici che siano al tempo stesso rigorosi, innovativi e coinvolgenti ed includa l’uso di strumenti pratici indispensabili per gestire aule efficaci»), gli elenchi onnicomprensivi («[competenze] di grande importanza per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, l’arricchimento dell’offerta formativa, l’efficienza di tutta una serie di servizi decisivi per la scuola, gli studenti e le famiglie, la comunità di riferimento»). Ed anche, punteggiatura messa a caso, perifrasi astruse, pseudotecnicismi inutili, mancanza o scarsa perspicuità dei nessi sintattici.
Come chiamare questo stile? Burocratese, verrebbe da dire; oppure antilingua, secondo la nota definizione di Italo Calvino. No, Giunta, pur individuando nel testo cospicue tracce di burocratese, propende per un’altra definizione: lingua disonesta.
Quella della circolare del MIUR, conclude Giunta, «è la lingua disonesta di chi non sa bene che fare, non ha le idee chiare, non vuole assumersi le responsabilità che gli competono (e che il discorso chiaro impone a chi lo pronuncia), e lascia a chi deve leggere (e soprattutto: a chi deve obbedire) il compito di decifrare, di leggere fra le righe, di stiracchiare le parole e i concetti dalla parte che vuole, anzi di interpretare le parole e i concetti come s’interpreta il Talmud, cercando d’indovinare le intenzioni di un padrone invisibile e capriccioso, che dice e non dice, che lascia agli altri il compito di riempire con qualcosa lo spazio che lui ha lasciato vuoto non per liberalità ma per inabilità a parlar chiaro, ossia a decidere, e cioè per codardia». Un commento che può essere coerentemente integrato da una frase di Claudio Magris (Microcosmi, Milano, Garzanti, 1997, pp. 111-112) che cito spesso quando parlo di linguaggio burocratico: «La correttezza della lingua è la premessa della chiarezza morale e dell’onestà. Molte mascalzonate e violente prevaricazioni nascono quando si pasticcia la grammatica e la sintassi e si mette il soggetto all’accusativo o il complemento oggetto al nominativo, ingarbugliando le carte e scambiando i ruoli tra vittime e colpevoli, alterando l’ordine delle cose e attribuendo eventi a c
Del post di Claudio Giunta condivido pienamente e faccio mia anche la postilla: «Nel frattempo, suggerirei al ministro Giannini, che prima di essere ministro è una glottologa, di convocare la Direttrice Generale del Ministero, dottoressa Maria Maddalena Novelli, e di rileggere insieme a lei piano piano, parola per parola, solecismo per solecismo, la circolare suddetta, che la dottoressa Novelli ha firmato, così come l’hanno dovuta leggere tutti i dirigenti scolastici d’Italia, una mattina della scorsa settimana».