Che bella cosa, ho pensato subito: anche se sono un europeista tuttora convinto, trovo che il sale della democrazia sia conoscere e discutere opinioni diverse dalla mia. Stavo accingendomi a scaricare il libro, quando ho letto questo trafiletto del «Fatto quotidiano», giornale che solitamente, si sa, guarda con simpatia al MoVimento Cinque Stelle:
Il M5S, in occasione delle celebrazioni del 60-mo anniversario dei ‘Trattati Europei’, ha incontrato la stampa italiana ed estera a Roma, per presentare il “Libro a 5 Stelle dei cittadini per l’Europa”, che racchiude le proposte di cambiamento che i pentastellati ritengono necessarie per il futuro dell’Unione. Giunti alle domande, un giornalista della stampa estera chiede a Di Maio: “Dov’è il libro? Perché io qui ho ricevuto solo 15 pagine. Se c’è, possiamo avere questo libro?”. Di Maio supera l’imbarazzo, rispondendo ad un’altra domanda posta dallo stesso giornalista.
Più dettagliato un lettore che ha commentato l’articolo:
Ho scaricato e letto il “libro”.
– 2 pagine per la copertina (prima e quarta)
– 1 pagina lasciata bianca
– 1 pagina per l’indice
– 7 pagine per i titoli dei …ehm…”capitoli”
– 8 pagine con il testo dei capitoli, per di più riempite fino ad un terzo/metà.
Definirlo un libro è davvero imbarazzante. Ma è ancora più imbarazzante chi lo ritiene addirittura utile ed esauriente nell’affrontare le tematiche europee.
“anche 15 pagine possono dire molto”.
Il problema è che non sono 15 pagine …e non dicono nulla.
Va bene, mi sono detto. Non è un libro, è solo un documento. Ma possiamo anche chiamarlo «libro», tra virgolette, non c’è problema. Ci saranno solo dei principi generali. Ma ben vengano, ho pensato.
Poi ho letto, però, il commento su Facebook di Roberta D’Alessandro, professoressa di Linguistica all’Università di Utrecht:
Se uno studente mi presentasse una tesina scritta così gli direi che deve mettersi a studiare, MOLTO seriamente.
È uno stream of consciousness senza paragrafi, dove ogni frase introduce due o tre idee (confuse), spesso in contraddizione tra loro, a cui non si dà nessun seguito. Tutto buttato a caso. Nessuna coesione, nessuna organizzazione del discorso, nessuna profondità. Un susseguirsi di slogan in italiano stentato. Logica inesistente. Sintassi gravemente compromessa.
A questo punto, mi sono fatto l’idea che questo «libro» non possa dare un contributo serio e critico alla riflessione sull’Europa. Siccome sono masochista, l’ho però scaricato lo stesso e l’ho letto. Non ci ho messo tanto: sono 2102 parole, indice e titoli compresi, 14780 caratteri, insomma, più o meno, due articoli a piena pagina di un quotidiano.
Le osservazioni di Roberta D’Alessandro, alle quali si sono aggiunte quelle di alcuni commentatori, sono giustissime. Non le condivido tutte: qualcuna ha più a che fare con il piano delle opinioni che con la loro espressione. Ma quelle che mostrano la fragilità della scrittura a cinque stelle sono molte: le riporto qui, in genere riformulate con parole mie (ma le idee non sono originariamente mie, anche se le condivido in pieno: bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare):
Già l’inizio suona linguisticamente problematico.
Se il mercato unico già non viene smantellato, ma viene riformato, tenendo conto delle esigenze dei cittadini, di che cosa dobbiamo discutere? Probabilmente, gli estensori volevano esprimere un proposito, un impegno, e volevano dire che il mercato unico non deve essere smantellato, ma riformato sì che lo deve essere. Insomma, volevano dire che il mercato unico «non va smantellato». Ma hanno sbagliato verbo.
Ma la distrazione degli estensori è altissima. Mi sapete dire cosa significa questa frase?
Cosa significa il Made-In (e basta)? Ogni cosa è un made in qualche parte del mondo!
E mi sapete dire, anche, cosa significa condizionalità in questo contesto?
Ho trovato la parola in rete, ma con significati che non risultano adatti alla frase scritta nel nostro «libro».
Ma la maggiore disfunzione linguistica si nota in questa frase, nella quale l’estensore s’incarta nel gioco delle doppie negazioni:
«Siamo contrari alla creazione di un esercito europeo che non abbia, come esclusiva finalità, l’impiego in missioni di peacekeeping, senza che diventi strumento di operazioni militari», cioè, alla lettera, «siamo contrari alla creazione di un esercito europeo … se non diventa anche strumento di operazioni militari». È chiaro che gli estensori volevano scrivere esattamente il contrario. Ma hanno scritto quello che ho cercato di parafrasare.
So già che i sostenitori del moVimento Cinque stelle obietteranno che io, e gli altri critici, ci siamo appigliati a fatti formali. Ma non è una questione di formalità: come faccio a confrontarmi con le posizioni di una parte politica che non sa spiegarle, scrive il contrario di quello che pensa, scrive parole incomprensibili, si dimentica pezzi di frase? Solo con un atto di fede, cioè fidandomi, come mi suggerirebbe il garante, Beppe Grillo.
No, io non mi fido di nessuno, a priori. E men che meno mi fido di chi presenta un’accozzaglia di note a caso e le chiama libro. Anche queste ultime parole non sono mie, ma le sottoscrivo in pieno.