Guandalini recidivo

Circa un mese fa ho scritto un post per documentare la pessima scrittura di Maurizio Guandalini, «economista e giornalista», che aveva pubblicato un articolo nel quale apoditticamente sosteneva che l’unico vero modo per garantire qualità alla scuola italiana è la trasformazione dei contratti dei professori da contratti a tempo greenindeterminato a contratti a tempo determinato. Una tesi estrema, discutibilissima, ma che, come tutte le idee contro corrente, potrebbe rappresentare uno spunto per la discussione. Sempre che fosse presentata in modo credibile, autorevole, linguisticamente corretto. Ma non è così.

Prudentemente, avevo concluso ponendo un dubbio: e cioè che si trattasse di un incidente di percorso, di un momento di assopimento, da parte di un autore che nel suo curriculum vanta, tra l’altro, la pubblicazione di un grande numero di libri.

huffingtonOra posso sciogliere il dubbio.  Non era un incidente di percorso. Maurizio Guandalini ha delle difficoltà sistematiche con la lingua italiana. Il grande «giornalista, editorialista di Metro e saggista» ha pubblicato un post, questa volta su «Huffington Post», nel quale ha applicato all’università l’idea che gli insegnanti debbano avere solo contratti a tempo determinato. Ha appoggiato la sua tesi su pochi dati e su tanti luoghi comuni. E l’ha fatto con il suo italiano incerto. Lo posso dimostrare riprendendo e riformulando il commento pubblicato da Luigi Spagnolo nella pagina facebook della trasmisisone radiofonica «La lingua batte».

Ecco i rilievi, pubblicati sotto il titolo «I consigli dell’asino» e introdotti asinoda questa osservazione iniziale, che sintetizza il senso dei commenti puntuali: «in poche righe colleziona le seguenti castronerie, attirandosi l’odio di qualsiasi lettore mediamente istruito».

  •  «Partendo dall’hastag: non è obbligatorio fare l’Università». Guandalini: si scrive hashtag e non hastag. E, per caso, sa che cos’è un hashtag? Le offro un aiutino:  ricorda Licia Corbolante che «nell’uso comune e inhashtag altri contesti informatici hashtag significa una parola (o una serie di parole senza spazi) marcata con il tag #, mentre nella terminologia ufficiale di Twitter hashtag è il simbolo #». La Sua frase non fa riferimento né a un significato all’altro: è solo un esempio di parole in libertà. E tralasciamo di entrare nel merito, anche se Luigi Spagnolo nota che l’affermazione (in sé ineccepibile, direi, anzi tautologica, visto che l’Università non è parte della scuola dell’obbligo) in Italia suona però ridicola, dato che siamo ben al di sotto della media europea per numero di laureati.
  • moloch«In archivio le sciocchezze della fabbrica delle illusioni, e del senso comune, ragioniamo sul moloch: resettare l’Università». Boh. Non ho capito niente. Mi aiuto con il vocabolario: moloch ‘1. Nella religione fenicio-cananea, la divinità a cui si sacrificavano vittime umane;  2. Persona, istituzione animata da insaziabile brama di distruzione’. Quale dei due significati si adatta al concetto che l’autore voleva, in maniera colorita, rappresentare? A me pare nessuno dei due, e non riesco proprio a immaginare quale fosse il senso della frase. E poi, come si apparenta il moloch con l’azione di resettare? Solo Dio, o, ben più in basso, Guandalini lo sanno.
  • imprinting«Fa le ricerche (spesso costruite su internet, alla bene e meglio, che il barone vende a qualche committente che s’accontenta dell’imprinting universitario)». Forse voleva dire imprimatur?
  • «Il ministro Giannini aveva promesso di sforbirciarli», i concorsi. Santa polenta, come scrisse una volta Annamaria Testa, come si sforbiciano i concorsi?
  • «Io butterò un occhio a Caio»: avete mai usato buttare un occhio nel senso di ‘aiutare?;  «Nel sapere c’è una competizione sfrenata e la discrasia, il gap tra la teoria e la pratica rimane ancora oggi l’enorme ostacolo da rimuovere»: a parte la nebulosità della frase, io faccio veramente fatica a capire il nesso tra la competizione sfrenata nell’ambito del sapere e la discrasia, o gap, insomma l’incongreuenza, tra teoria e pratica.
  • «Il cumulo di corsi e di libri ammuffiti […] ha relegato le Università a delle gabbie slegate dalla realtà». Ha relegato???? Forse voleva dire ha ridotto.
  • «Occorre un’offerta, a estuario, dalle docenze al merito, più liberale che non si può». Chissà com’è, invece, l’offerta a delta.
  • «Ne scaturisce un’autocompiaciuta onniscenza 2.0». Guandalini, Guandalini: onniscienza, non onniscenza. E guardi, non è neppure necessario conoscere l’ortografia dell’italiano, se questo è chiedere troppo a un giornalista, editorialista, saggista. Basterebbe dare retta al correttore di Word.
    onniscenza
  • «Se fosse per l’Università c’è da studiare fino a 50 anni»: non funziona per niente la concordanza di modi e tempi in questo periodo ipotetico.
  • «Ma perché conti di più occorre che esprima un valore aggiunto, che dia un quid in più. Che ne vale la pena». La sintassi di questo passo è piuttosto nebulosa: non funziona, ma non è facile capire quali fossero le intenzioni semantiche dell’autore. Forse doveva scrivere «Che ne valga la pena»?

Ormai non vale più la pena scrivere dell’italiano di Maurizio Guandalini.  È assodato che il giornalista, editorialista, saggista ne ha un dominio molto limitato. Ma quello che stupisce è che l’«Huffington Post» accolga (e, temo, anche paghi) testi così vergognosi. Teoricamente, per scrivere su un giornale, cartaceo oppure on line, bisognerebbe possedere un prerequisito: sapere l’italiano. Ma, se il caso Guandalini fosse generalizzabile, allora avrebbe ragione Luigi Spagnolo: «purtroppo l’Italia ha pochi laureati, e i peggiori scrivono sui giornali».

Guandalini recidivoultima modifica: 2015-04-11T20:56:55+02:00da cortmic
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