La Costituzione: un esempio di scrittura che non ha fatto scuola

lid-o-2009Proseguo nella ripubblicazione dell’articolo Un elogio linguistico, «LId’O. Lingua italiana d’oggi» VI, 2009, pp. 43-52. La bibliografia si troverà in coda al prossimo post, che pubblicherò tra qualche giorno.

Il tema del primo paragrafo riportato qui di seguito è stato trattato, con maggiori particolari, nel post  Maria Elena Boschi non è Concetto Marchesi..

Un esempio di scrittura collettiva meditata

 Le caratteristiche linguistiche esemplari della lingua della carta costituzionale non sono prodotti del caso, ma sono il frutto di un lungo, meditato, appassionato lavoro collettivo di costruzione del testo. Deon (1998) ha ricostruito, sulla base dei resoconti dei lavori della Costituente, lo svolgersi di questo processo. Sia nel dibattito generale sulla bozza di testo predisposto da una commissione dell’Assemblea costituente (la cosiddetta Commissione dei 75) sia nella discussione dei singoli articoli si incontrano numerosi e approfonditi interventi sul valore semantico delle parole usate, con raffinate comparazioni delle alternative sinonimiche dei termini  proposti, che testimoniano una forte e diffusa coscienza metalinguistica dei componenti dell’Assemblea costituente.

art1Ne è un chiaro esempio la discussione proprio su quell’articolo 1 che all’ex ministro Brunetta risulta privo di significato. Ricorda Deon (1998: 196): «è nota ad esempio l’impegnata discussione sul significato della parola lavoro, o sui sintagmi repubblica di lavoratori, dei lavoratori, fondata sul lavoro dell’articolo 1. […] Sul valore e sul significato di singoli termini i costituenti si confrontano continuamente, in ogni fase del lavoro di elaborazione: si sa del serrato confronto, sempre sull’articolo 1, per la scelta tra emana, risiede, spetta, è del, appartiene … a proposito della sovranità popolare».

Ma non sono solo le scelte lessicali ad essere il frutto di serrate e talvolta tormentate, ma alla fine proficue, discussioni. Anche la coerenza della strutturazione del testo è il risultato di un lungo lavoro: basta confrontare il prodotto finale con il progetto di costituzione che ha costituito la base per il testo definitivo: risulta chiarissimo lo sforzo fatto dai costituenti per dare un ordine estremamente coerente agli articoli del testo. I primi articoli, quelli sui principi fondamentali, disegnano nella versione approvata uno sviluppo argomentativo assai limpido: il primo articolo ha come tema l’Italia, di cui si dice che è una Repubblica e se ne danno le caratteristiche; la Repubblica diventa il tema del secondo articolo e si dice quali diritti riconosce e garantisce all’uomo; l’uomo, nella sua veste di cittadino, diventa il tema dell’articolo 3: dei cittadini si dice che sono uguali. E così via. Il testo di partenza era molto più frammentato: basti pensare che al primo articolo, nella sostanza (ma non nella forma) uguale a quello definitivo, seguiva quello sulla bandiera nazionale, che non poteva avere uno sviluppo successivo (Deon 1998: 206).

art112Anche l’asciuttezza sintattica del testo finale è il risultato di un faticoso lavorìo: i costituenti hanno messo sapientemente in atto una tecnica poco familiare nel discorso politico: la tecnica del togliere, del semplificare, non dell’aggiungere, dell’amplificare. Uno solo tra i mille esempi. L’attuale articolo 112 suonava «Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale e non la può mai sospendere o ritardare». L’assemblea cancellò, perché ridondante e pleonastica, la precisazione «e non la può mai sospendere o ritardare»: il testo ne ha guadagnato, la chiarezza non ne ha perso.

Un esempio che non ha fatto scuola

referendum-titolo-vL’esemplarità del tessuto linguistico della Costituzione non si è mantenuto nelle modifiche apportate al testo nel corso degli anni; in particolare, non risultano consone allo stile originario del testo né la modifica del titolo V, oggetto della legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3: “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”, promulgata dopo l’esito positivo del referendum costituzionale del 7 ottobre 2001, né la Legge Costituzionale di «Modifiche alla Parte II della Costituzione», pubblicata nella «Gazzetta Ufficiale» del 18 novembre 2005 e mai promulgata, in seguito all’esito negativo del referendum costituzionale che si è tenuto il 25 e 26 giugno 2006.

viva_costituzioneSono diversi i dati, qualitativi e quantitativi, che ci portano a sostenere il tradimento linguistico dei padri costituenti perpetrato dai riformatori, a cominciare dagli estensori della riforma del 2001. Innanzi tutto, confrontiamo la lunghezza media delle frasi degli articoli che costituiscono il titolo V: si passa dalle 14,8 parole per periodo del testo originario alle 20,4 del testo attualmente vigente. Siamo ancora lontani dalla media dei codici (Cignetti ha calcolato lo stesso dato sul titolo I del II libro del Codice civile, giungendo al risultato di 29,7 parole per periodo), ma il deciso peggioramento del testo riformato è evidente.

Ma anche l’analisi qualitativa porta a risultati analoghi: basta leggere, ad esempio, il quinto comma dell’art. 117 nella nuova versione:

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

Il comma, costituito sintatticamente da un’unica frase, è di 63 parole. Per quanto il grado di subordinazione sia contenuto (vi è un’unica proposizione secondaria, la relativa che conclude il comma), il cumulo di sintagmi preposizionali che si incastrano gli uni sugli altri rendono il testo complesso e di difficile lettura. Se si pensa che questo comma è inserito in un articolo di 9 commi e 619 parole, si capisce bene che ci troviamo di fronte a un corpo estraneo rispetto al tono complessivo della Costituzione, come la conoscevamo prima della riforma del 2001.

La Costituzione, nella versione attuale del titolo V, mostra i caratteri della legislazione ordinaria, non la limpidezza e la stringatezza che caratterizzano i testi costituzionali. Con le leggi ordinarie, il nuovo titolo V ha in comune diverse realizzazioni linguistiche, che non agevolano la comprensione del testo e si allontanano dall’essenzialità di una legge di principi quale è la costituzione di uno stato.

Tra questi tratti, segnalo, prima di tutto, l’elencazione di casistiche dettagliate e particolareggiate (il che comporta, a volte, anche difficoltà a gestire i nessi e le congiunzioni, come nel caso del secondo comma dell’art. 120, nel quale la congiunzione disgiuntiva viene realizzata, a breve distanza, con o, oppure e ovvero: «Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali»).

Poi, la presenza dei riferimenti e rinvii interni i quali, anche come riflesso del dettaglio delle previsioni normative presenti nel testo, assumono una notevole complessità («le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119», art. 116). In questo modo si ottiene un notevole effetto di precisione, ma si nuoce alla chiarezza del testo e, soprattutto, si snatura una delle caratteristiche della Costituzione della Repubblica italiana, che, in nome della chiarezza, aveva scelto sistematicamente di rinunciare ai rinvii normativi (i pochi rinvii interni esistenti prima del 2001 sono stati introdotte da modifiche successive alla promulgazione della Costituzione).

Inoltre, va ricordata la scarsa cura formale, che Cignetti (2005: 93) ha individuato, per esempio, nell’infelice uso della punteggiatura nell’art. 122 (frutto non della riforma del 2001, ma di una precedente modifica del 1999, che riflette, tuttavia, il medesimo clima stilistico):

Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

Cignetti nota che «la prima virgola compare dopo ben quarantuno parole, a detrimento non solo dell’eleganza formale, ma soprattutto della chiarezza informativa. Forse l’introduzione di due virgole correlate per isolare il sintagma preposizionale aggiuntivo “nonché dei consiglieri…”, e eventualmente di una terza prima della limitativa “nei limiti…”, permetterebbe una scansione degli argomenti più naturale, con pieno vantaggio della chiarezza del testo».

Infine, il lessico: la nuova versione del titolo V ricorre a parole che non appartengono al vocabolario di base più frequentemente di quanto non facesse la versione originaria: l’11,45% delle parole del testo del 2001 non fa parte del vocabolario di base, contro l’8,94% della versione del 1947. Tra l’altro, come non sarà sfuggito alla lettura dei brani sopra riportati, nel testo riformato ritroviamo parole che sono dei veri e propri tic linguistici del linguaggio normativo e amministrativo odierno: ovvero, che, come è noto, oltre a non essere una parola comune, è una parola ambigua (può significare sia ‘oppure’ sia ‘cioè’) e nonché, spesso usato semplicemente come sinonimo, ritenuto di livello più alto, del comune e. Queste due parole non ricorrevano nel testo originario.

riformeQueste caratteristiche linguistiche, oltre all’annullamento della sapiente geometria del testo, erano presenti anche nell’abortita riforma del 2005, analizzata da Cignetti (2005: 121-128).

La Costituzione: un esempio di scrittura che non ha fatto scuolaultima modifica: 2016-08-13T11:43:25+02:00da cortmic
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