La proposta
Sabatini parte dall’osservazione di un vuoto lessicale nell’italiano di oggi: manca un nome neutro e rispettoso per indicare il figlio di uno solo dei componenti di una coppia. L’italiano ha costruito, nella sua storia, una parola per questo significato (evidentemente, anche prima dell’emergere della questione del riconoscimento delle coppie omosessuali, si poneva il problema di denominare il figlio acquisito). Questa parola è figliastro, che porta con sé, inevitabilmente, un alone spregiativo (come anche fratellastro e sorellastra e, attraverso un altro meccanismo morfologico, patrigno e matrigna).
Per evitare questo nome, esistente ma che nei decenni ha acquisito una connotazione «politicamente scorretta», e per evitare le proposte che provengono dalla politica (l’anglismo stepchild, ma anche la perifrasi, davvero infelice, figlio sociale, che pare sia venuta in mente a qualche parlamentare), Sabatini ha proposto il neologismo configlio (con il femminile configlia). La base del nuovo nome, figlio, è rispettosa del bambino o della bambina che vengono così designati; dal punto di vista della composizione della parola, si tratta semplicemente dell’utilizzo di un meccanismo già produttivo nella nostra lingua: si pensi a comare e compare, e anche a confratello e consorella; ma contengono con- anche in compagno e compagna, e in convivente.
Il contesto
L’argomento si è imposto all’attenzione nel corso delle aspre discussioni su un articolo del disegno di legge sulle unioni civili, l’art. 5, che estende anche alle coppie unite con il nuovo istituto in discussione la possibilità, già previste per le coppie unite in matrimonio, di adottare il figlio biologico di uno dei due componenti della coppia.
L’argomento è delicato, controverso, dibattuto anche all’interno dei partiti (sia nel partito di maggioranza, il Pd, sia in alcuni partiti di opposizione, come il Movimento Cinque Stelle e Forza Italia, ci sono pareri diversi). Come spesso accade nei tempi recenti per i concetti controversi, si è introdotto in italiano un anglismo, stepchild adoption, letteralmente «adozione del figliastro». L’uso dell’anglismo annulla l’alone spregiativo di figliastro, ma al tempo stesso ne annebbia il significato (stepchild non è una parola inglese ampiamente conosciuta neppure dagli italiani che hanno una qualche conoscenza dell’inglese). E difatti, nelle discussioni nelle reti sociali si passa continuamente dall’adozione del figliastro all’adozione di qualsiasi bambino da parte delle coppie omosessuali (evenienza che a una parte dei commentatori appare inaccettabile): ma quest’ultima possibilità non è semanticamente compresa in stepchild adoption.
Ma c’è di più: strepchild adoption è quasi uno psedudoanglicismo, nel senso che non è una locuzione molto diffusa in inglese. Basta fare una semplice verifica interrogando Google: oggi, le pagine in italiano che contengono strepchild adoption sono 671.000, contro le sole 41.300 in inglese (ma fra queste, in realtà, Google restituisce molte pagine scritte in italiano).
Ben presto l’anglismo è stato deformato nell’accorciamento, tutto italiano, la stepchild (che sarebbe come dire «la figliastro»).
Le reazioni
In trasmissione, Tiberio Timperi ha commentato subito che configlio «suona bene»; immediata l’adesione di Paolo Di Stefano nel «Corriere della Sera» e quella di Licia Corbolante, autrice di un autorevole blog sui temi della lingua, particolarmente attenta, anche in base alla sua profonda esperienza professionale, agli anglismi farlocchi.
Anche il gruppo Incipit costituito presso l’Accademia della Crusca (di cui faccio parte) ha accolto con favore configlio (accanto al meno ardito adozione del figlio del partner). E poi, via via, sono seguite altre adesioni.
Le critiche riguardano l’estetica («non si può sentire», «suona male»), che trasferiscono sul piano dell’effetto fonico lo sconcerto di chi sente una parola nuova. Alcuni hanno virato sull’ironia («sembra consiglio detto da Jovanotti», «ma sembra coniglio», così come la femminilizzazione di ministro, ma non quella di maestro, veniva criticata perchè assomigliava a minestra; io stesso sono stato tentato di intitolare questo post Il ruggito del configlio). Poi c’è chi si è chiesto se gli Accademici non hanno altro da fare, teniamoci strepchild e pensiamo a cose più serie, altri hanno criticato il ricorso alla neologia, in quanto artificiale (conservatori ad oltranza, o doppiopesisti che accolgono nel loro uso, quasi senza accorgersene, i forestierismi, ma fanno gli schizzinosi nei confronti delle parole nuove?). Molti non sentono il bisogno di un sinonimo di figliastro (sottovalutando, a mio parere, l’irreversibilità, almeno nel breve periodo, delle connotazioni negative), altri ritengono sufficiente figlio acquisito o adozione del figlio del partner. Come ha scritto una collaboratrice della Crusca, buona conoscitrice dei social network: «solo la Crusca ha il potere di scontentare contemporaneamente gli anglofili e gli esterofili»
Cosa accadrà
Non lo so. Come ho scritto in un articolo pubblicato dal «Piccolo», la storia delle lingue non è stata sempre benevola nei confronti dei neologismi pensati a tavolino, anche se ben congegnati. Per esempio, continuiamo a parlare di “smog” e non di “fubbia”, unione di “fumo” e “nebbia”, come “smog” è unione di “smoke” e “fog” (per l’appunto, “fumo” e “nebbia”), secondo una proposta, mai attecchita, di Arrigo Castellani del 1987. Ma, invece, diciamo tranquillamente autista e regista, che sono invenzioni, anch’esse artificiali, di Bruno Migliorini (1932).
Al momento è impossibile fare previsioni. Dopo due settimane, sono numerose la pagine in rete che contengono la parola configlio, ma sono nella quasi totalità citazioni metalinguistiche: si parla della proposta di introdurre la parola, ma non si introduce negli scritti la parola.
I linguisti, ormai, non hanno più voce in capitolo: attraverso un esponente autorevole della categoria, Francesco Sabatini, hanno dato il loro contributo e hanno avanzato una proposta.
Vedi anche il post di Annamaria Testa, Parole italiane, in alternativa a cinque forestierismi.