Filosofi e politici lasciate stare la grammatica, per favore

bitonci.jpgMassimo Bitonci (Padova, 24 giugno 1965) è un politico italiano. Laureato in Economia e commercio (‘Università “Ca’ Foscari” di Venezia), è dottore commercialista e revisore contabile. È stato sindaco di Cittadella (PD) dal 2002 al 2012. Ora è senatore e capogruppo della Lega Nord al Senato.

Credo di non condividere assolutamente nulla delle sue posizioni politiche (tanto per dirne una, abbastanza inoffensiva: ha vietato di somministrare kebab e simili pietanze da asporto nel centro storico della sua città. Ma io ritengo una ricchezza, e un aumento della qualità della mia vita, potermi comprare un kebab, quando ne ho voglia, anche in centro storico e una restrizione non poterlo fare).

Però, in una polemica linguistico-giornalistica con il filosofo Umberto Curi non me la sento di dargli contro al cento per cento. O meglio, posso confermare che il senatore leghista di grammatica capisce poco. Ma anche il mio ex collega filosofo ha un’idea della lingua italiana superata dalla sua evoluzione e dalle conoscenze che nell’ultimo trentennio abbiamo accumulato sulle lingue, e sulla lingua italiana in particolare.

curi.jpgI fatti. Umberto Curi, professore emerito di Storia della filosofia all’Università di Padova, ha criticato così Massimo Bitonci, nell’articolo di fondo I due linguaggi che parla la Lega, apparso nel «Corriere del Veneto» del 25 giugno 2013.

«Di un simile infortunio si è reso responsabile anche l’onorevole Massimo Bitonci, in una lettera aperta pubblicata domenica su questo stesso giornale. Rivolgendosi a Cécile Kyenge, il parlamentare leghista ha alluso al fatto che la ministra all’Integrazione “ogni tanto fa torto alla lingua dei nostri padri”. Senza rendersi evidentemente conto di aver appena commesso un torto linguistico ben più grave, affermando fra l’altro che “chi in questo Paese ci è nato e ci nascerà”, dove quei due «ci» sarebbero stati sottolineati con la matita blu dasino.jpga qualunque insegnante di grammatica italiana. Ma se si dovesse star dietro alle improprietà espressive (e non solo grammaticali) dei politici aderenti al Carroccio si rischierebbe di far notte».

Massimo Bitonci non ci sta. Piccato risponde il giorno dopo sullo stesso giornale, con la nota intitolata Ius soli e ii vocabolario. Rileggiamoci Manzoni. E ci va giù pesante:

«Vuoi la nostalgia della cattedra, vuoi il livore che ha sempre dimostrato nei confronti di chi non la pensa come lui, Curi mi accusa di aver fatto torto alla lingua dei nostri padri, quando ho utilizzato, per ben due volte, la particella “ci”. L’umile studente Bitonci, che ha sudato sulla grammatica italiana e sui testi del Manzoni, si permette di ricordare che la suddetta particella, in funzione di avverbio di luogo, è sinonimo di “qui”, “lì”, “vi” e “colà”, e, pleonasticamente, può essere utilizzato senza correre il rischio che si impugni la matita blu, come peraltro fa notare il vocabolario della lingua italiana edito da Giovanni Treccani, volume 1, pagina 746.
Anche perché, prima di Bitonci, quel “ci” è stato più volte utilizzato da un autore che di parole se ne intende un po’: Alessandro Manzoni. Se vuole “riscrivere” la grammatica, il professore, prima dell’umile studente Bitonci, censuri Manzoni oppure tralasci questioni che poco conosce e poco gli appartengono».

Sacrosanto giudizio quest’ultimo, che va applicato, per cominciare, all’umile, ma poco perspicace (e poco ferrato nella consultazione e citazione di vocabolari e autori) studente Bitonci. Studente Bitonci, ma è sicuro di aver capito il rilievo del professore? Che non aveva nessuna intenzione di censurare la scelta morfologica (cioè l’uso di ci invece di vi): di Umberto Curi si potrà anche dire che ha nostalgia della cattedra o che ha livore, ma non che sia deficiente. Il rilievo del professore riguardava, se interpreto bene, l’uso ridondante di ci che ripete quanto è già stato espresso da in questo paese (non mi dica che Lei intendeva questo con quell’incidentale «pleonasticamente»!).

Ma a sua volta Umberto Curi che è apprezzatissimo professore di filosofia, ma non, per fortuna, di italiano, non ha saputo rimanzoni.jpgconoscere nella scrittura del senatore una dislocazione a sinistra. Perché è questo il fenomeno realizzato da Bitonci (anche se dimostra di non averlo capito, visto che nella sua risposta sembra parlare d’altro): ha anticipato un elemento che nella struttura di base starebbe a destra (in questo Paese) e lo ha ripreso con il clitico ci.

Su una cosa Bitonci ha ragione: il costrutto è stato usato anche da Manzoni (io non scrivo dal Manzoni: mi suona molto arretrato e pesantemente scolastico). Nei Promessi sposi si legge, infatti: «fino a Monza ci sono andata, e so cos’è viaggiare». Dislocazione a sinistra analoga a quella del senatore. Ma non credo che Bitonci si riferisse a questo. Immagino che più semplicemente abbia visto nel Vocabolario della lingua italiana edito dall’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani (e non edito da Giovanni Treccani, morto nel 1961) un esempio manzoniano, che non c’entra nulla con il fenomeno grammaticale di cui stiamo parlando: «stampando loro in viso de’ bacioni, che ci lasciavano il bianco per qualche tempo». Semmai, lo studente Bitonci avrebbe potuto enfatizzare che nel vocabolario Treccani c’è un esempio di ci definito pleonastico che è del tutto simile a quello che ha prodotto lui: «non pensavo che in questo paese ci si stesse così bene». Insomma, la difesa linguistica arruffata di Bitonci ha, direi suo malgrado, delle buone ragioni.

Scritto_sui_banchi.jpgE l’affermazione di Curi che quei ci «sarebbero stati sottolineati con la matita blu da qualunque insegnante di grammatica italiana» è fondata? Non con la certezza che traspare dall’apoditticità delle parole del filosofo. Per esempio, io che sono stato fino all’anno scorso professore proprio di grammatica italiana, non l’avrei corretto. Ma neppure molti professori di italiano delle scuole l’avrebbero fatto. Luca Serianni e Giuseppe Benedetti hanno pubblicato nel 2009 un libro veramente interessante, Scritti sui banchi. L’italiano a scuola tra alunni e insegnanti (Roma, Carocci), nel quale hanno studiato le correzioni degli insegnanti scolastici. Sulla dislocazione a sinistra il comportamento degli insegnanti non è univoco, neppure all’interno della stessa scuola: c’è chi la corregge, e c’è addirittura chi la introduce ex novo correggendo lo studente («evidentemente avvertendo quella sequenza più spigliata e scorrevole»).

In conclusione: la lingua italiana, come tutte le lingue, è più complessa di quello che può apparire al parlante comune. Gli strumenti che la descrivono (come per esempio i vocabolari) sono più complessi di quello che molti credono (e vanno usati, quindi, con molta attenzione e accortezza). L’uso degli scrittori è a sua volta molto più complesso di quanto si creda. E allora, Umberto Curi e Massimo Bitonci: «sutor ne ultra crepidam» (cioè, «ciabattino non andare oltre i sandali», non occuparti di cose sulle quali hai scarsa competenza – lo dico, ovviamente, per Bitonci, perché Curi conosce benissimo questo detto pliniano). Altrimenti date ragione a chi ritiene (ma io non sono tra questi, sia chiaro) che quelle dei filosofi e dei politici siano due categorie che parlano di tutto, anche di quello che non conoscono.

Filosofi e politici lasciate stare la grammatica, per favoreultima modifica: 2013-06-27T09:23:00+02:00da cortmic
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Un pensiero su “Filosofi e politici lasciate stare la grammatica, per favore

  1. È vero. Ma la risposta mostra che le nozioni di grammatica del senatore, la sua capacità di individuare il centro dei problemi trattati, la sua capacità di utilizzare fonti e repertori sono molto deficitari. In sostanza, con la risposta ha dato parzialmente ragione a una critica che, così come era stata fatta, era debolissima. Secondo me, al senatore Bitonci sarebbe convenuto stare zitto, oppure dare una risposta meno saccente, senza ricorrere ad autorità che non sa utilizzare correttamente.

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