“La polizia dava esecuzione a un provvedimento della Corte d’Appello”

image.jpg«Nella mattinata di mercoledì 10 ottobre veniva data esecuzione ad un provvedimento della Corte d’Appello – Sezione minori di Venezia che aveva disposto l’allontanamento del minore dall’ambiente materno, affidandolo in via esclusiva al padre con collocamento in una comunità». Con queste parole inizia un comunicato stampa emesso l’11 ottobre 2012 dalla questura di Padova. La questura doveva chiarire il suo punto di vista sull’episodio del bambino di 10 anni prelevato dalla polizia, nonostante la sua forte resistenza, per affidarlo al padre, secondo quanto stabilito dalla magistratura.

Chiarire, visto lo stile del documento, è una parola grossa.

L’episodio è, come accade sempre alle questioni controverse, complesso. C’era una decisione della magistratura di Venezia da portare a compimento. C’è stato l’intervento della polizia, nella scuola di Cittadella frequentata dal bambino; un intervento di supporto al padre, ha dichiarato, in una conferenza stampa, il questore di Padova. Montemagno.conferenza stampa questore padova L’intervento, però, è stato fatto da personale che ha mostrato di non essere  sufficientemente preparato a svolgere un compito così delicato come quello di prendere un bambino che vive con un genitore e viene affidato all’altro. Soprattutto se il bambino non pare voler accettare questa decisione. Un «episodio grave per le modalità in cui si è svolto», secondo il Garante dell’infanzia, Vincenzo Spadafora; «non sono state rispettate le garanzie minime di tutela del minore» aggiunge Save the Children. A sua volta Adalgisa Fraccon, presidente del tribunale dei minori di Venezia, ha dichiarato che «come tribunale dei minori di Venezia siamo tutti molto addolorati da questa vicenda, stupiti che le cose siano andate in maniera così maldestra e con queste modalità di violenza nei confronti del bambino».

Ma c’è stata anche una pesante débâcle comunicativa della questura di Padova, che ha mostrato, e continua a mostrare, di essere totalmente incapace di comunicare correttamente ed efficacemente con l’opinione pubblica. Al punto che ben presto, per mettere una pezza al fallimento comunicativo padovano, è dovuto intervenire (troppo precipitosamente?) il Capo della polizia, che ha espresso rammarico e ha chiesto scusa ai familiari del bambino. Ed anche la ministra degli Interni Annamaria Cancellieri ha dichiarato: «Ho visto il filmato del ragazzo e, come tutti, sono rimasta turbata da queste immagini», aggiungendo, con la prudenza che compete al suo ruolo:  «prima di dare giudizi o emettere sentenze attendo serena di conoscere il risultato dell’indagine immediatamente avviata dal Capo della Polizia». E alla Camera, il sottosegretario Carlo De Stefano, ha ufficialmente dichiarato che “la scena del trascinamento del minore richiede che vengano espresse anche le scuse del Governo” e che il comportamento della polizia “non è sembrato adeguato rispetto a un contesto difficile e ostile”.

ispettore.jpgCerto, non è l’aspetto più importante di questa vicenda, ma osserviamo i disastri comunicativi dei poliziotti padovani. Come giudicare l’infelicissima frase dell’ispettrice di polizia: «Io sono un ispettore di polizia, lei non è nessuno»? «Espressioni assolutamente non professionali» le ha definite il sottosegretario all’Interno. Un giudizio ben diverso da quello del questore Montemagno, il quale, si è prodotto in una discutibile esegesi delle parole dell’ispettrice: «di fronte alla resistenza di una donna e la richiesta di questa di vedere gli atti della corte d’appello, l’ispettrice si è qualificata dicendo poi “lei non è nessuno”, intendendo così ribadire che la donna non aveva alcuna autorità in quanto non titolare della patria potestà e anche perché il provvedimento doveva essere notificato solo ai genitori». È una spiegazione che può trovare seri appigli nell’analisi del complessivo contesto comunicativo, ma anche qualche elemento contrario. Ma resta una frase inappropriata e inadeguata per esprimere il concetto giuridico spiegato dal questore, così simile com’è, probabilmente al di là delle intenzioni di chi l’ha pronunciata, alla famosa battuta del Marchese del Grillo: «io so io e voi non siete un cazzo».

Ma ancora peggiore è stato il comunicato emesso dalla Questura e pubblicato, evidentemente con una certa distanza, nella versione online Mattino di Padova.  Sembra quasi una parodia del noto articolo di Italo Calvino Per ora sommersi dall’antilingua, quello in cui Calvino parodiava la possibile verbalizzazione da parte di un brigadiere dei carabinieri di un banalissimo ritrovamento di alcuni fiaschi di vino rubati. Son passati quasi cinquant’anni, ma la Questura di Padova scrive ancora così:

Nella mattinata di mercoledì 10 ottobre veniva data esecuzione ad un provvedimento della Corte d’Appello – Sezione minori di Venezia che aveva disposto l’allontanamento del minore dall’ambiente materno, affidandolo in via esclusiva al padre con collocamento in una comunità. L’intervento è stato eseguito presso la scuola in quanto i tentativi esperiti in passato presso la casa materna e dei nonni non avevano avuto l’esito sperato perché il bambino si nascondeva alla vista degli assistenti sociali e del personale sanitario intervenuti.

Considerato che la Corte d’Appello ha recentemente rigettato un ricorso finalizzato alla sospensione del provvedimento presentato dalla madre, anche su indicazione del consulente della corte d’appello è stato individuato il plesso scolastico quale luogo ritenuto neutro e, quindi, idoneo all’esecuzione.

L’intervento ha comportato notevoli difficoltà per la reazione del bambino e l’opposizione energica di alcuni familiari della madre che cercavano di impedire al padre di condurre il minore alla comunità individuata. Si rendeva, pertanto, necessaria l’azione di supporto dei poliziotti intervenuti come previsto dalla citata ordinanza. L’autorità giudiziaria è stata informata dei fatti accaduti.

Che dire? Che i funzionari della questura di Padova non sanno scrivere in maniera rispettosa della lingua italiana e dei cittadini che la parlano. Che i funzionari della Questura di Padova non riescono a capire che di fronte a un episodio che ha profondamente impressionato ed emozionato l’opinione pubblica (a cominciare dalla seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato Schifani) non possono reagire con una piatta, ottusa, inumana prosa burocratica. Che i funzionari della questura di Padova non sanno distinguere un comunicato stampa da un verbale. Che i funzionari della Questura di Padova non sanno neppure scegliere le informazioni da dare: in questi giorni non era in discussione la legittimità dell’intervento della polizia (solo di questo tratta il comunicato), bensì la modalità con cui si è svolto.

Insomma, un totale fallimento comunicativo.

Di cui vediamo ora le conseguenze, anche sul piano internazionale: ecco come presenta la notizia il maggior quotidiano spagnolo, El Pais:

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“La polizia dava esecuzione a un provvedimento della Corte d’Appello”ultima modifica: 2012-10-12T08:57:00+02:00da cortmic
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