Ma come? La rappresentante di uno dei Paesi nei quali è più avanzato il raggiungimento della parità di genere nelle denominazioni delle professioni rigetta le posizioni acquisite dalle donne? Ma effettivamente, nel sito dell’ambasciata, Frau Wasum-Rainer appare come ambasciatore:
Stesso atteggiamento, anche se macchiato da qualche incoerenza (ma sempre in direzione della femminilizzazione), ha l’ambasciata del Mozambico: Carla Elisa Luis Mucavi è l’ambasciatrice nella voce di menu, ambasciatora (secondo il modello iberico, non coerente con le regole di formazione delle parole in italiano) nella pagina a lei dedicata:
Allora, invece di dare addosso all’ambasciatrice tedesca (come ho visto in qualche post nei social network), ascoltiamo anche altri passi dell’intervista: «la lingua è molto importante affinché le donne ottengano la stessa parità di diritti e gli stessi ruoli professionali degli uomini». Però: «ritengo che non sia piacevole quando il mio interlocutore mi pone la domanda “in quale paese suo marito lavora come ambasciatore?”», richiamando l’abitudine italiana (e, mi pare di capire, anche francese) di chiamare ambasciatrice non una donna a capo di un’ambasciata, ma la moglie dell’ambasciatore. Susanne Wasum-Rainer si augura anche che in futuro le ambasciatrici possano trovarsi nella condizione di poter optare liberamente per il nome al femminile.
Insomma,la dichiarazione e la scelta dell’ambasciatrice tedesca è una presa d’atto del costume linguistico italiano, codificato, mi dicono, al Ministero degli Affari Esteri. A uscirne con le ossa rotte sono le nostre convenzioni, non le convinzioni dell’ambasciatrice (anche se qualcuno ha notato che l’ambasciatrice poteva cercare di forzare la situazione, come ha fatto la collega francese, aiutando il processo di femminilizzazione dei nomi di professioni di prestigio).
Chissà se, sia pure con la lentezza degli apparati pachidermici, la Farnesina, cioè il nostro Ministero degli Esteri, cambierà posizione. Intanto, nei siti ufficiali delle ambasciate italiane le nostre ambasciatrici (per es. quelle in Argentina, Ghana, Slovenia, Svezia) continuano a essere chiamate ambasciatori: