Che cos’hanno in comune Gino Strada, Maristella Gelmini, Maria Vittoria Brambilla, Francesco Profumo?
La violenza che esercitano sulla lingua italiana.
Ecco le prove.
Mariastella Gelmini: “non restano risorse per il miglioramento della qualità, per l’investimento nei laboratori tecnici, piuttosto che anche nell’edilizia scolastica” (TG1, 2009)
Michela Vittoria Brambilla: “Intendiamo sfruttare gli eventi sportivi piuttosto che le celebrazioni dei 150 anni, l’Expo 2015, tutto quanto può essere importante per portare un incoming dal mondo del nostro paese”
Francesco Profumo: “l’obiettivo è quello di creare professionalità per i nostri studenti, per esempio cuochi, piuttosto che idraulici, piuttosto che elettricisti” (TG1, 2012).
Gino Strada, Mariastella Gelmini, Michela Vittoria Brambilla, Francesco Profumo usano piuttosto che con un valore particolare, sempre più diffuso nell’italiano più recente, quello disgiuntivo, equivalente a ovvero.
(F. Sabatini – V. Coletti, Dizionario Della Lingua Italiana, Rizzoli-Larousse)
Se in tanti usano piuttosto che con questo nuovo valore, tanti altri vi si oppongono.
Luca Serianni ne parla in un intervento radiofonico conservato in rete.
Francesco Sabatini da “UnoMattina in famiglia” lancia regolarmente appelli contro questo uso di piuttosto che.
Sia Edoardo Nesi, Premio Strega 2011, sia Vinicio Capossela hanno indicato proprio piuttosto che come esempio di parola da odiare e da abolire nel migliore dei mondi possibile.
Carlotta Mazzoncini, una giovane lettrice di “Repubblica”, ha caricato un appassionato video contro l’uso disgiuntivo di piuttosto che.
Ma perché i linguisti (Sabatini, Della Valle, Castellani Pollidori, Serianni, Patota) si oppongono a questa innovazione con tanta passione? Lo fanno contraddicendo un punto che sembrava ormai assodato nel campo della ricerca linguistica: gli studiosi di scienze del linguaggio hanno il compito di osservare l’uso della lingua, di interpretarlo, di estrarne le regole soggiacenti, non quello di governarlo. È normale che la lingua evolva, portando a norma quello che prima era errore e difendere a tutti i costi gli usi tradizionali che stanno per essere innovati dalla comunità parlante è, il più delle volte, un’operazione destinata al fallimento.
Ma è anche normale che i parlanti possano opporsi alle innovazioni in corso. Lo possono fare in modo silente, semplicemente non accogliendo l’innovazione, oppure in modo esplicito, criticando l’uso innovativo, polemizzando, mettendo in guardia.
Ecco, allora, la ragione per cui molti linguisti sono impegnati nella crociata contro il nuovo significato di piuttosto che: lo fanno come parlanti preoccupati per la perdita di efficienza della nostra lingua. Invece di migliorare la comprensibilità e la chiarezza dei nostri discorsi, questa innovazione apre nuovi spazi di ambiguità. L’uso disgiuntivo di piuttosto che viene ad affiancarsi agli usi tradizionali che sono di valore sostanzialmente opposto. Fino a vent’anni fa, se un medico suggeriva di usare il farmaco A piuttosto che il farmaco B, non ci sarebbero stati dubbi: intendeva dire che il farmaco A era più consigliabile del farmaco B. Oggi può venire il dubbio che, invece di intendere questo, voglia dire che i due farmaci sono equivalenti. Per questo, molti linguisti, ma anche molti altri parlanti, cercano di opporsi a un uso che fa diventare la nostra lingua un po’ più ambigua di quanto lo fosse prima.
Cosa fa