Svelato il segreto di Elena Ferrante?

claudio_gatti«Il Sole 24 Ore», la «Frankfurter Allgemeine Zeitung», «The New York Review of Books» e il sito francese «Mediapart» hanno pubblicato oggi, con qualche interessante variante, un’inchiesta di Claudio Gatti, che identifica Elena Ferrante in Anita Raja, traduttrice free lance (ma legata soprattutto alla stessa casa editrice che pubblica i romanzi di Elena Ferrante), moglie di Domenico Starnone.

FAZIl tono è trionfalistico: il direttore del «Sole» scrive che i dati di fatto scoperti da Gatti nel bilancio di Edizioni e/o srl, casa editrice della Ferrante, «portano a indicare chi è la vera Elena Ferrante con il massimo dei riscontri possibili»; la «Frankfurter Allgemeine Zeitung», ancora più rudemente, annuncia «Der italienische Enthüllungsjournalist Claudio Gatti hat das größte literarische Rätsel unserer Zeit gelöst» («il giornalista investigativo italiano Claudio Gatti ha risolto il più grande mistero della letteratura del nostro tempo»).

Da tempo dicevo, scherzando ma non troppo, che solo pochi anni fa il mistero di Elena Ferrante non si sarebbe neppure posto: quando venivano pubblicate nelle diverse città le dichiarazioni dei redditi dei cittadini, sarebbe stato facile verificare quale tra le persone sospettate di essere l’autore o l’autrice delle opere firmate da Elena Ferrante denunciava dei redditi troppo superiori a quelli ragionevolmente collegabili alla sua normale attività di lavoro. Gatti ha seguito la pista finanziaria: ha calcolato quale è stato l’incremento (enorme) del fatturato della casa editrice di Elena Ferrante, le Edizioni e/o, ma, soprattutto, ha notato che un «trend in forte ascesa è replicato dai compensi che ci risultano essere stati pagati da Edizioni e/o a Raja. Abbiamo infatti appurato che nel 2014 sono aumentati di quasi il 50%, mentre nel 2015 hanno fatto un ulteriore balzo di oltre il 150 per cento». Questo balzo non può essere giustificato da un incremento di così grandi dimensioni dei compensi che derivano alla Raja dalla sua opera di traduttrice; ergo, viste anche alcune precise corrispondenze temporali, non può che essere collegato ai diritti d’autore maturati dalle opere firmate Elena Ferrante. Non sono in grado di giudicare se aumenti di questa entità siano davvero compatibili con un successo così esteso come quello di Elena Ferrante, ma mi fido del giornalista. Gatti esclude che i libri possano essere scritti a quattro mani dalla Raja con il marito Domenico Starnone, perché non risultano cospicui compensi erogati a quest’ultimo.

joulaGatti non dichiara qual è la sua fonte. Essendo profano in materia posso sbagliarmi, ma mentre non ho dubbi che i dati del bilancio complessivo dell’editore siano pubblici, non credo proprio che quelli analitici, relativi ai singoli autori, siano alla portata di tutti. E allora viene prepotentemente alla mente il caso di J.K. Rowling, che aveva pubblicato con lo pseudonimo Robert Galbraith il giallo The Cuckoo’s Calling. La Rowling è stata scoperta grazie alle prove, cercate all’interno al testo da Patrick Juola, professore di Computer Science alla Duquesne University di Pittsburgh, con un apposito programma di trattamento automatico dei testi. Ma a indirizzarlo sulle tracce della Rowling era stata una fuga di notizie dallo studio dell’avvocato londinese che aveva seguito la stesura del contratto. Immagino che in queste ore Sandra e Sandro Ferri, titolari delle Edizioni e/o, che conoscono bene l’identità di Elena Ferrante, siano spasmodicamente alla ricerca di un’altra identità, quella della gola profonda che ha permesso a Claudio Gatti di conoscere dati contabili interni della casa editrice.

È stata detta, quindi, la parola fine alla storia segreta di Elena Ferrante? Credo di no. Una buona identificazione di un autore coperto da uno pseudonimo può basarsi su criteri extra-testuali (dati biografici, come quello che avevano spinto Marco Santagata a identificare Elena Ferrante in Marcella Marmo; dati finanziari, come questi scovati da Gatti), ma non può prescindere dai dati testuali.

StarnoneSul piano delle investigazioni contabili, che a livello di dati immagino inattaccabili, la ricostruzione di Gatti non è priva di contraddizioni. Nelle sue ricerche catastali, il giornalista trova che Domenico Starnone ha acquistato negli ultimi anni a Roma un appartamento di valore elevato. Ma allora, se non è lui Elena Ferrante, perché l’acquisto dovrebbe essere collegato ai proventi di Elena Ferrante? La risposta per Gatti è chiara, e ai miei occhi pienamente credibile: «Il fatto che l’appartamento sia intestato a Starnone ovviamente non significa che il denaro utilizzato sia suo e non di sua moglie perché, come noto, in regime di separazione dei beni quando un coniuge ha già una casa intestata conviene sempre che la seconda sia intestata all’altro». Ma allora, perché Gatti è invece così drastico nel negare che Starnone possa essere coautore delle opere di Ferrante e non prende per nulla  in considerazione l’eventualità che Anita Raja abbia sì dichiarato di essere l’unica autrice delle opere pubblicate, ma che l’apporto del marito sia stato più forte e concreto, per esempio nella scrittura, di un «contributo intellettuale» per quanto rilevante (come ammette Gatti)?

amica_genialeMa è quando affronta gli aspetti tematici e stilistici che l’analisi di Gatti si dimostra debole. Innanzi tutto è così fondamentale che nell’Amica geniale si parli dell’importanza avuta dalla biblioteca rionale nella crescita culturale di una delle protagoniste e che Anita Raja sia stata per anni la direttrice della Biblioteca europea di Roma? O quale significatività può avere il fatto che la zia paterna di Anita Raja si chiamasse Elena, nome piuttosto diffuso, proprio come la protagonista dell’Amica geniale? O forse è probante il fatto che Domenico Starnone venga chiamato in famiglia Nino, ipocoristico non particolarmente raro, proprio come il grande amore di Lenù (che nella tetralogia, però, non rappresenta certo una figura particolarmente commendevole)?

rajaC’è di più dal punto di vista stilistico. All’identificazione esclusiva di Anita Raja come autrice delle opere di Elena Ferrante si oppone un macigno: le prove inconfutabili che indicano la grande vicinanza tra le opere di Elena Ferrante e quelle di Domenico Starnone. Lo aveva scoperto già nel 2005 il fisico matematico della Sapienza Vittorio Loreto, che utilizza metodi matematici applicabili ai testi; lo aveva confermato una ricerca di Arjuna Tuzzi e mia, basata su metodi statistici di analisi dei testi, condotta con l’aiuto di Paolo Nadalutti e Stefano Ondelli, presentata al Congresso del’IQLA (International Quantitative Linguistics Association) di Treviri a fine agosto, alla presenza anche di Patrick Joula.

iqlaScrivendone sul «Piccolo» solo poche settimane fa ero stato, opportunamente, cautissimo. Al momento, disponiamo di confronti solo tra Elena Ferrante e altri romanzieri degli ultimi decenni ma le affinità tra Ferrante e Starnone sono strettissime. La puntuale analisi qualitativa che sto svolgendo proprio in questi giorni sta trovando precisi riscontri lessicali che uniscono Ferrante a Starnone e dividono Ferrante da tutti gli altri scrittori esaminati, mentre Arjuna Tuzzi sta estendendo i raffronti statistici ad opere di natura non narrativa, per trovare, o escludere, affinità con autori che non hanno alle spalle un’attività narrativa (e tra questi Anita Raja).

Dobbiamo chiudere anzitempo la ricerca, perché si è esaurito lo stesso oggetto di indagine? Non credo, almeno fino a quando non si riuscirà a dar conto delle  strettissime consonanze tra la mano che ha scritto le opere di Elena Ferrante e la mano che ha scritto quelle di Domenico Starnone. Escludendo che Anita Raja abbia usato un altro pseudonimo (il nome e cognome del marito), oltre a quello di Elena Ferrante, bisogna ipotizzare o una sintonia eccezionalmente stretta tra moglie e marito, o un intervento di Domenico Starnone nella scrittura delle opere di Elena Ferrante, ben più concreto di quanto Gatti abbia ipotizzato nella sua indagine.

Una cosa è certa: la spiegazione non può essere quella avanzata da Gatti, che individua nella comune influenza di Christa Wolf sia sulla sua traduttrice in italiano Anita Raja, alias Elena Ferrante, sia su Domenico Starnone. Credo che se Claudio Gatti si informerà meglio sui parametri utilizzati da Vittorio Loreto per individuare le similarità tra testi, capirà che l’ipotesi, per quanto marginale nel disegno complessivo della sua indagine, sia priva di fondamento.

inizio_corsiGiovedì inizierò il mio corso alla laurea magistrale, che si occuperà proprio delle metodologie per individuare le similarità tra testi. A questo punto il caso Ferrante non può non essere al centro del corso. Valuteremo se, pur con tutte le difficoltà del caso (Anita Raja non ha scritto testi autonomi a proprio nome, ma ha tradotto libri degli altri), esistono similarità tra il suo stile e quello di Elena Ferrante e cercheremo di capire se possono esistere spiegazioni, diverse dalla compartecipazione alla scrittura delle opere di Elena Ferrante, per dare ragione delle affinità lessicali tra le opere di quest’ultima e quelle di Domenico Starnone. Contemporaneamente, con Arjuna Tuzzi, proseguiremo nella nostra ricerca capillare, che cercherà di mettere alla prova dei testi tutte le ipotesi che, in ambito giornalistico, sono state avanzate sull’identità di Elena Ferrante. Ottenuti risultati credibili, li sottoporremo al vaglio della comunità scientifica internazionale, nell’unico modo in cui possono farlo gli studiosi: cercando di vederli pubblicati in sedi autorevoli (cosa che finora non ha fatto nessuno: le ipotesi sull’identità di Elena Ferrante non hanno mai trovato spazio nelle riviste scientifiche).

Una cosa è certa: la risposta la cercheremo nei testi, non al di fuori di essi. Su una cosa, infatti, siamo pienamente d’accordo con Elena Ferrante: «fuori dei testi e delle loro strategie espressive c’è solo chiacchiera». In genere, i libri di narrativa, se ben interrogati, danno più risposte dei libri contabili.

Svelato il segreto di Elena Ferrante?ultima modifica: 2016-10-02T20:03:04+02:00da cortmic
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