Ostruzioni alla comprensione

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Vi sarà certamente capitato qualche volta di trovarvi di fronte a un cartello come questo. Se leggete questo blog non avrete avuto difficoltà a comprenderlo. Ma tutti i cittadini sono nelle stesse vostre condizioni? In realtà questo avviso, per i fini che vorrebbe raggiungere, è un’autentica idiozia dal punto di vista dell’efficacia della comunicazione.

Un’avviso del genere, che deve aiutare a garantire la sicurezza di tutti, dovrebbe infatti essere leggibile con facilità dal maggior numero possibile di persone. lip.jpgIn altre parole, dovrebbe essere composto esclusivamente da parole del vocabolario di base, cioè da quel nucleo di circa 7000 parole che, si suppone, sono note a tutte le persone scolarizzate. Si stima che con quelle 7000 parole componiamo oltre il 95% delle comunicazioni correnti. Ebbene: ostruire fa parte di queste 7000 parole? No. E neppure ostruzione, e nessun’altra parola di questa famiglia lessicale. Non solo. Ostruire e gli altri elementi di questa famiglia non compaiono, neppure una volta, nel corpus del Lessico di frequenza dell’italiano parlato. Insomma, si tratta di una famiglia di parole estremamente rare.
Marco_Pannella.jpgLeggendo quell’avviso mi è ritornato alla mente un vecchio intervento alla Camera di Marco Pannella (dell’8 gennaio 1980), a proposito di un altro elemento di quella famiglia lessicale, ostruzionismo: «Che cosa si è detto per sei giorni? Avete fatto “ostruzionismo”! La gente – che deve capire cosa avete fatto – alla fine penserà che voi, invece di fare la… o la…, avete “fatto” “lo” “ostruzionismo” voi dite, a volte: “chiedo scusa, vado a fare la…” e siamo stati qui per sette giorni a dire: ostruzionismo, ostruzionismo, ostruzionismo, invece di: coccodè!» (i puntini nascondevano, nei resoconti parlamentari, le parolacce). Già. La gente deve capire!
Ma non tutta la gente può capire con immediatezza il cartello da cui siamo partiti. Quell’avviso è dunque un chiaro esempio degli sprechi ai quali si costringono le imprese private e gli enti pubblici quando sono gli incompetenti a imporre o anche solo a suggerire i testi degli avvisi pubblici. L’acquisto di quell’avviso, anche se probabilmente obbligatorio, è una spesa inutile, in quanto si tratta di un’avviso di scarsissima efficacia, per l’inadeguatezza della veste linguistica.

Non sono riuscito a ricostruire dove si trovi la mente sopraffina che ha escogitato questo inutile cartello. Il modello di questo avviso, presente nei cataloghi delle maggiori ditte produttrici di segnaletica, non si trova tra gli allegati al Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). Potrebbe essere contenuto in una delle norme UNI sulla segnaletica di sicurezza: logo_uni.jpgma le norme UNI non sono di pubblico dominio e quindi ho potuto fare solo delle inconcludenti verifiche indirette (certamente, però, non è prescritta dalla norma più recente, la norma UNI EN ISO 7010:2012, dell’8 ottobre 2012, che prevede solo pittogrammi di diffusione internazionale, che possono essere facilmente compresi indipendentemente dalla lingua, cultura o abilità).

Comunque stiano le cose, ancora una volta bisogna denunciare la presunzione di legislatori, tecnici, normatori, esperti settoriali che credono che per scrivere avvisi corretti ed efficaci sia sufficiente una competenza di base della propria lingua materna. Invece no. Occorre saper prevedere gli effetti che le nostre parole possono avere in destinatari con competenze linguistiche diverse dalle nostre e da quelle dei gruppi sociali e culturali con i quali siamo abituati a interagire. Ancora più difficile, una volta scartata una soluzione perché di dubbia leggibilità e comprensibilità, trovare un’alternativa adeguata. Ma è per questo che sarebbe necessario coinvolgere scrittori, o linguisti, o comunicatori, persone, cioè, che per professione sono abituati a maneggiare quello strumento delicato che è la lingua.

Quasi nessuno lo fa. E meno di tutti lo fa (vi stupite?) Trenitalia, che, manco a farlo apposta, usa proprio una parola della famiglia di ostruire per segnalare uno dei (tanti) guasti alle sue macchinette timbratrici.

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Ostruzioni alla comprensioneultima modifica: 2012-12-17T16:10:00+01:00da cortmic
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