L’uso linguistico: eroe o cretino?

Nel bel mezzo di una discussione in Facebook sull’uso di avvocata (al posto del non marcato avvocato, quando si riferisce, però, a una specifica persona di genere femminile), mi arriva questo post:

Io ho capito la questione della discriminazione, davvero. Ma perché quando si trattava delle norme dettate dal fascismo l’Uso era un eroe e ora l’Uso è diventato un cretino secondo i linguisti?

annaÈ un commento che mira diritto al cuore. Primo, perché porta allo scoperto un senso di incoerenza che sento sempre quando, anche in questo blog, scrivo dei femminili dei nomi di professione, dell’abuso di piuttosto che, di anglicismi. Secondo, perché l’autrice del commento non è una persona qualunque, bensì mia figlia. Che sostanzialmente dice: mi hai insegnato alcune cose (tu e i tuoi colleghi linguisti), ma adesso ne fate altre.

Nel caso specifico, mi ero scagliato contro l’uso di avvocatessa, considerato, invece, da una giornalista della RAI, uso consolidato. I dati non mi pare proprio che vadano in tale direzione (solito conto rozzo, ma significativo: 362.000 pagine censite da Google per avvocatessa e 427.000 per avvocata: ma un gran numero di esse sono metalinguistiche, discutono proprio su questo argomento, e le due forme si trovano spesso nella stessa pagina. Devo anche ammettere che l’uso giornalistico, come si vede più sotto, è stato per anni decisamente a favore di avvocatessa, anche se le cose stanno cambiando). Ma la questione, più che l’alternativa avvocata / avvocatessa è la scelta tra la forma maschile e quella femminile; e vede la maggior giulia-bongiornoparte delle avvocate maschilisticamente schierate su avvocato. Ne è uscito un vivace scambio di battute con una mia amica avvocata, decisamente progressista, che si è sentita colpita quando ho denunciato il maschilismo delle avvocate (segnalabile, a mio parere, anche dall’ampio uso del tailleur, spesso con pantaloni, per andare in udienza) e il loro classismo, dal momento che di sé parlano al maschile, ma la maestra dei loro figli, la postina, la fornaia e l’infermiera vengono con naturalezza designate al femminile (devo anche dire che, da brava avvocata, l’amica è riuscita a zittirmi con l’argomento, non so se veritiero, ma certamente efficace, che molte avvocate vanno sì in udienza in tailleur, ma con scarpe tacco 12. Non ho osato chiederle se questo è indice di femminilità, o di adesione alle aspettative dei maschi rispetto alle donne in carriera: ero certo che mi avrebbe messo dialetticamente all’angolo). Devo anche aggiungere che il post su avvocatessa è stato uno dei post più commentati tra quelli che ho scritto, e che i commenti più critici contro avvocata sono venuti da donne. Chi si occupa del sessismo della lingua deve riflettere su questo fatto.

Ma la questione principale, dopo il commento che ho citato, non è tanto di merito, quanto di metodo. La si può sintetizzare così: il linguista deve essere esclusivamente un distaccato osservatore dell’evoluzione della lingua, e guai a lui se interviene, o, in quanto intellettuale, e per di più conoscitore dell’oggetto in discussione, può intervenire e cercare di indicare tendenze che possono rendere più efficace l’uso linguistico? Perché sì, è l’uso che fa la regola, e non la regola che fa l’uso (lo sapeva anche Manzoni), però, può essere orientato (e lo è sempre stato) dagli opinion leader. Un tempo, nei primi secoli della questione della lingua, a fungere da opinion leader erano principalmente i letterati e gli scrittori. Dal Novecento in poi, come ha notato Mengaldonuovaquestione nel suo Novecento edito dal Mulino, questo ruolo è stato preso dagli intellettuali, e se oggi, nella nuova questione della lingua, continuano a intervenire gli scrittori, lo fanno in quanto intellettuali, e non specificamente in quanto scrittori. Sarebbe allora bizzarro che, tra gli intellettuali, i linguisti fossero gli unici che non potessero intervenire a commentare gli usi linguistici.

Però, il compito primario del linguista è quello di osservare e interpretare i fatti linguistici. E allora, nel caso concreto di avvocata, il linguista osserva che c’è un gruppo sociale (una casta, si potrebbe dire con malizia) che fa, convintamente, scelte grammaticali che tradiscono concezioni ideologiche molto elitarie e conservatrici. Osservando e dichiarando questo, il linguista svolge riflessioni di Sprachkritik, che rientrano tra i suoi compiti di osservatore neutro, ma non necessariamente neutrale.

Ma il linguista osserva anche che, sulla spinta di gruppi di opinione e opinion leader, sta mutando l’uso linguistico nel settore di cui stiamo parlando. Basta vedere il comportamento dei giornali, «Corriere della Sera» e «Repubblica», nell’ultimo decennio, dal 2005 al 2014: gli esiti sono diversi, ma la tendenza, anche se non del tutto lineare, risulta chiara. «Repubblica», nei dieci anni presi in esame, ha visto due volte prevalere avvocata su avvocatessa: per un’incollatura nel 2011, di gran lunga nel 2014:

rassolutoNe consegue, che la percentuale dell’uso di avvocata, all’interno di un percorso irregolare, si è collocata, nell’ultimo anno, oltre il 70%:

rpercentualePiù tradizionalista, in questo caso (ma non è sempre così) il comportamento del «Corriere della Sera»: è più basso, rispetto a «Repubblica», l’uso complessivo del femminile, è sempre prevalente l’uso di avvocatessa:

csassolutiPerò, la distanza tra le due forme si sta assottigliando e l’incremento dell’uso di avvocata mostra un andamento crescente (sia pure debolmente crescente) più lineare di quello che caratterizza l’uso di avvocatessa. Questo andamento è rappresentato molto chiaramente dall’evoluzione della percentuale d’uso di avvocata all’interno dell’uso complessivo del femminile:

cspercentualeInsomma, la tendenza ad un aumento dell’uso di avvocata mi pare chiara, anche se i dati sono pochi e non ci permettono di esporci e avanzare previsioni.

firenzeDel ruolo del linguista nell’osservare, ma anche orientare, sia pure con il dovuto distacco e da una prospettiva di neutralità, il mutamento linguistico parlerò a Firenze lunedì. Questa volta a proposito non dei femminili dei nomi di professione, bensì a proposito dei forestierismi, dei loro tempi di consolidamento nell’italiano, dei margini che ci possono essere per proporre alternative all’uso dei forestierismi. Salvo che poi la decisione finale sarà sempre e solo della comunità parlante.

L’uso linguistico: eroe o cretino?ultima modifica: 2015-02-21T23:44:41+01:00da cortmic
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