Continua a imperversare la lingua disonesta del Ministero dell’Istruzione

Galli-Della-LoggiaCapita spesso che, quando ci si imbatte nei documenti del Ministero dell’Istruzione, ci si trovi di fronte ad esempi esasperati di burocratese, con forti contaminazioni di un’altra varietà pseudospecialistica, quella che è stata denominata didattichese (sul quale si può vedere prima un articolo di Mario Pirani del 2000, poi una sintesi recente di un’insegnante, Sandra Zingaretti).
L’ultimo di questi testi esemplari è stato oggetto di un severo editoriale di Ernesto Galli della Loggia, dal titolo «Il calvario linguistico che subiscono i nuovi prof», apparso nel «Corriere della Sera» del 12 marzo 2016.
Oggetto dell’articolo è il Bilancio di Competenze che ogni docente neoassunto deve redigere per «descrivere e sintetizzare le ragioni del proprio posizionamento rispetto ai livelli di competenza percepiti» (traduzione in italiano proposta da Galli della Loggia e ulteriormente migliorabile: «uno strumento perché ogni docente valuti le proprie conoscenze circa ciò che insegna nonché la propria capacità d’insegnamento, confessando le proprie eventuali inadeguatezze»).

logoIndireLe linee guida oggetto delle critiche sono pubblicate nel sito di Indire (l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa).

La prima osservazione riguarda proprio l’etichetta bilancio di competenze (si chiede Galli Della Loggia: non sarebbe stato più corretto bilancio delle competenze? Sì che sarebbe stato più corretto). Poi la critica, linguistica, si accentra sulle linee guida e sulla loro fumosità, per es. in riferimento alla parola descrittori, per la verità non tra le più opache del documento; l’editorialista commenta: «non è chiaro di che cosa si tratti: si dice solo con un certo orgoglio che lungi dall’essere stati tirati fuori da un cappello a cilindro, sono “derivati dalla letteratura nazionale e internazionale”». Altra critica riguarda il portfolio formativo, che «consentirà di “precisare gli elementi sui quali far convergere l’attenzione del tutor e del neoassunto nella fase Peer to peer nella elaborazione del portfolio stesso”. Chiarissimo, no?».

Sotto giudizio i gergalismi criptici, le vuote ridondanze verbali, i bizzarri neologismi (ad es. si invita a riflettere sull’agito. Cosa vuol dire?). Ma la questione di fondo è quella enunciata nella parte finale dell’articolo:

Nell’ambito della scuola e dei suoi documenti invece no: si parla un’altra lingua. Ebbene, signor ministro, non le sembra degno di qualche riflessione che proprio mentre vuole e crede di «aprirsi alla società», di diventare «collegiale», «collettiva» «condivisa» e naturalmente «democratica» come si conviene, proprio in quel momento la scuola si rinserri nella fortezza di una lingua criptica e involuta, incomprensibilmente gergale, si affidi a formule consumate e ormai vuote, ad arabeschi concettuali, che forse stanno a indicare null’altro che la sua abissale distanza dall’Italia reale (sospetto dai suoi stessi docenti) nonché dal senso comune parente stretto del buon senso?
L’articolo di Galli Della Loggia richiama alla mente un precedente articolo di Claudio Giunta, che poté essere, per la sede in cui è stato pubblicato, ancora più analitico, e ancora più feroce, a cominciare dall’attributo di disonesta applicato alla lingua del Ministero dell’Istruzione (anche a quell’articolo ho dedicato un post).
Certamente, ad alcune delle osservazioni di Galli della Loggia si può obiettare che anche il mondo della scuola ha il suo lessico tecnico e che l’insegnante neoassunto deve esserne a conoscenza. Ma certo lessico dell’organizzazione scolastica, assunto dall’ambiente dell’organizzazione aziendale e dell’organizzazione del lavoro privato e produttivo, sembra frutto di un’imitazione acritica, quando non di una vera e propria parodia, del contesto di provenienza.
bilancio_competenzePensiamo solo alla denominazione fondamentale del processo di cui stiamo parlando, bilancio delle competenze. L’idea del bilancio delle competenze nasce in Canada e si sviluppa principalmente in Francia, dove già nel 1991 il suo utilizzo viene regolato per legge. Il suo obiettivo è, da una parte, quello di permettere ai lavoratori occupati per fare il punto sul proprio sviluppo professionale, con lo scopo di veder riconosciute dall’azienda le competenze acquisite e richiedere avanzamenti di carriera; dall’altra parte, quello di dare alle aziende uno strumento per gestire percorsi di carriera e ristrutturazioni aziendali. Secondo questa impostazione, si tratta, quindi, di uno strumento strutturato di consulenza che aiuta a definire con precisione le capacità, competenze e aspirazioni professionali del lavoratore. Quando si parla di strumento strutturato, si intende dire che il bilancio delle competenze si fonda su test e strumenti di autoanalisi, che costituiscono la base per un’attività di consulenza da parte di personale specializzato. Nel mondo della scuola, invece, il bilancio delle competenze è inteso come «dispositivo pedagogico in grado di fare emergere la percezione di autoefficacia del docente rispetto ad alcune delle complesse funzioni che è chiamato a svolgere durante il proprio lavoro» (cito dalle linee guida dell’Indire). In questo contesto, l’espressione ha lo stesso significato che ha in ambito aziendale? Pare proprio di no, se non in un senso molto largo. E allora, perché usare lo stesso termine, creando così confusione?
scuola-docenti-neoassunti-e-comitato-valutazione_473761Ma la questione di fondo è quella della verbosità, della fumosità, della predilezione per pseudotecnicismi ed espressioni di circolazione ristretta. Ne nasce una sorta di codice interno, che sembra usato solo per marcare il potere del burocrate centrale o periferico e indurre nel neoassunto l’acquisizione di un linguaggio referenzialmente inefficace, ma il cui dominio permette di sentirsi pienamente parte di un gruppo. Il passaggio da gruppo a casta, soprattutto nella percezione comune, è rapido.
Non mi pare che sia questo che serve alla nostra società, nel momento in cui, finalmente, viene assunto qualche nuovo insegnante, sperabilmente giovane.
Continua a imperversare la lingua disonesta del Ministero dell’Istruzioneultima modifica: 2016-03-13T12:45:33+01:00da cortmic
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