Le fesserie etimologiche di Wikipedia (e non solo)

1163.jpgNel film My Big Fat Greek Wedding (in italiano Il mio grosso grasso matrimonio greco) di Joel Zwick, il padre della protagonista, Gus Portokalos, immigrato greco orgoglioso della sua origine, è irriducibilmente convinto della superiorità della sua etnia (mirabile la frase: “when my people were writing philosophy, your people were still swinging from trees”). Una prova di questa superiorità sta nella pertinace convinzione che ogni parola, di qualsiasi lingua, derivi dal greco: per esempio kimono viene fatto risalire al greco χειμών ‘inverno’, da cui si passa a paltò, quindi a kimono.

Dei voli pindarici di Gus Portokalos sorridiamo. Ma il suo non è un atteggiamento inventato dagli sceneggiatori del fiilm: quante sono le persone che confondono l’etimologia con la capacità di creare collegamenti fantasiosi tra parole di epoche e lingue diverse (magari psicanaliticamente interessanti, ma certamente non corrispondenti alla reale evoluzione delle lingue)? 

Insomma, una cosa è se interpretiamo l’etimologia come un’arte creativa nella quale riversare la fantasia individuale, con effetti che possono essere anche seducenti e piacevoli; un’altra cosa è se crediamo che l’etimologia, in quanto scienza della storia delle parole, ci possa restituire il percorso che ha portato, nel lessico, da una fase a un’altra, cronologicamente successiva, di una lingua.

Se pensiamo che l’etimologia sia questa seconda cosa, allora dobbiamo tener fermi alcuni principi: per accettare una proposta di spiegazione dell’origine di una parola bisogna che ci sia un sensato nesso semantico tra la parola e l’origine proposta; che siano rispettate le regolarità del mutamento fonetico che hanno caratterizzato l’evoluzione delle lingue (le parole non si evolvono a capriccio, ma seguendo regole che sono valide per tutto il lessico di quella lingua, tranne quando si  verifica una deviazione dalla via battuta dalle altre parole, le cui ragioni devono essere però dettagliatamente spiegate e documentate); che la derivazione sia confermata da un’inoppugnabile documentazione, specie se si riferisce a tradizioni, abitudini, consuetudini.

campanile-piazza-san-marco-venezia_72804.jpgUn caso tipico di etimologia che non rispetta questi elementari principi è una delle spiegazioni correnti del veneto ombra ‘bicchiere di vino’. Tiziano Scarpa, a p. 55 del suo Venezia è un pesce: una guida (Milano, Feltrinelli, 2000) esordisce saggiamente: «Non è chiaro da dove derivi il “termine tecnico” ombra: ed è giusto così, anche la sua etimologia deve rimanere umbratile». Ma poi si avventura nell’etimologia fantasiosa, anche se diffusa: «Ma è più probabile che si rifaccia alle mescite all’aperto d’estate, all’ombra dei campanili, dove ci si riparava dalla calura bevendo un bicchiere di vino fresco. “Andiamo a prendere un’ombra” era una specie di strizzata d’occhio, sottintendeva: “andiamo nel posto dove si beve”». Bello. Peccato che non esista nessuna documentazione dell’esistenza di queste mescite all’aperto all’ombra dei campanili, e in particolare sotto il campanile di San Marco (la spiegazione cui allude Tiziano Scarpa, infatti, nella sua versione più particolareggiata, rinvia con precisione a bancarelle di legno in piazza San Marco, che si avrebbe avuto l’abitudine di spostare seguendo l’ombra del campanile, per mantenere fresco il vino).

wikipediaPurtroppo, spesso Wikipedia segue fantasiose etimologie come quella appena riportata, con il risultato di fare opera non di trasmissione della conoscenza, ma di disseminazione della falsa conoscenza. Ne abbiamo già accennato a proposito di pirottino. Ma restiamo nell’ambito introdotto da ombra e leggiamo cosa troviamo in Wikipedia a proposito di bar. L’inizio è sostanzialmente buono: “Il termine bar deriva da una contrazione del termine inglese “barrier”, cioè sbarra. Infatti, all’epoca della prima colonizzazione dell’America del Sud, l’angolo riservato alla vendita degli alcolici, nelle osterie o nelle bettole, era per l’appunto diviso dal resto del locale da una sbarra. Da ciò l’uso del termine “bar” sia per intendere l’angolo in cui i liquori vengono serviti e consumati, sia il locale stesso». Non si tratta di una contrazione ma semmai di una riduzione, ma non cerchiamo il pelo sull’uovo. Poi si vira leggermente nel fantasioso: «Altre fonti indicano che il termine derivi dalla contrazione del termine “barred” (che significa “sbarrato”), in quanto nel XIX secolo, nei periodi in cui in Inghilterra era proibita la vendita di bevande alcoliche, sulle porte degli spacci venivano inchiodate delle assi sulle quali questa parola veniva pennellata in calce. Entrambi i termini sono di derivazione latina, basso latino “barra”». Non è una spiegazione accreditata. Formalmente, però, è tutto regolare, perché si fa riferimento ad “altre fonti” che ipotizzano questa origine. Ma insomma, sarebbe come se nella voce epilessia si scrivesse qualcosa del genere: “L’epilessia è una condizione neurologica (in alcuni casi definita cronica, transitoria in altri, per es: un episodio epilettico accaduto nella vita mai più ripetutosi) caratterizzata da ricorrenti e improvvise “crisi epilettiche”. Secondo alcune fonti l’epilessia è associata ad esperienze religiose e di possessione, anche demoniaca”. Per fortuna non è quel che accade. Ma allora, perché per le informazioni mediche no, e per quelle linguistiche, figlie di un dio minore, sì? Ma il bello viene alla fine, dove si arriva alla piena incoerenza logica: “Non è da scartare poi l’ipotesi secondo la quale l’uso nell’italiano derivi dal fatto che al bancone del bar erano tradizionalmente presenti (e lo sono tuttora in alcuni locali) due barre, generalmente di ottone: una per i piedi, l’altra per il braccio o il gomito”: ma allora bar viene dall’inglese bar, o viene dall’italiano barra? Boh, quanta confusione sotto il cielo etimologico di Wikipedia.

da7568943c426182181b61847d32dc98.jpegLo stesso procedimento, ma notevolmente peggiorato, avviene a proposito di brigante. La rubrica “etimologia” è del tutto corretta: «il termine brigante, seppur derivi dalla parola “brigare” di cui condivise originariamente i significati di “praticare”, “lavorare”, “trovarsi insieme”, ha assunto progressivamente, soprattutto in Francia, la connotazione di “fuorilegge”, che oggi prevale». Poi, inizia a tralignare, quando precisa che «È nel 1410, che si attesta il lemma francese “brigandage”, ma è solo nel 1829 che viene riscontrato in Italia come neologismo». In realtà, brigante nel senso di ‘malvivente’ è usato in italiano dal Cinquecento, e nel senso di ‘chi ha una cattiva condotta’ già dal Trecento; mentre brigantaggio (era forse a questo che si riferiva l’auotre della voce?) è già settecentesco. Ma pazienza. Il guaio è in quello che segue, in un apposito lungo paragrafo, titolato Brigantes, Brigantii e Brigantaggio, nel quale, sempre con la premessa cautelativa “secondo alcuni”, ci si dilunga per righe e righe circa la derivazione di brigante «dal popolo celtico dei Briganti,(abitanti della Britannia), insediato presso Eboracum (York) e, sempre per costoro, tristemente famoso presso i romani a causa della loro riottosità». E via di seguito, in perfetta e inconciliabile contraddizione con quanto si legge nel paragrafo precedente. Leggere per trasecolare!

Ma all’assurdo si giunge con l’etimologia di assurdo «dal latino absurdus, composto dalla particella ab (da), che indica allontanamento, e una supposta forma volgare sardus, da cui deriva l’antico verbo sardare (parlarebooks.jpg saviamente)». Qui, però, si cita la fonte: l’inattendibile Vocabolario etimologico della lingua di Ottorino Pianigiani, del 1907, purtroppo utilizzato per la creazione del sito Dizionario etimologico on line, che tanti danni sta creando con la diffusione in rete di etimologie del tutto insostenibili. Ma di questo scriverò la prossima volta.

Le fesserie etimologiche di Wikipedia (e non solo)ultima modifica: 2013-01-06T20:21:00+01:00da cortmic
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